La Compagna dell’Anticristo

gargoile_trasparenteSi può facilmente intuire che la solitudine e l’incomprensione debbano aver lasciato profonde ferite nel anima di chi ha vissuto certe esperienze; ora le sopportava meglio ed era cosciente che fossero state necessarie. Capiva che era il momento di estendere in altra direzione la ricerca, così da avanzare più rapido sulla via che aveva intrapreso. Per farlo doveva trovare una donna dalle aspirazioni il più possibile simili alle sue.
Ricorda perfettamente che in quei giorni percepiva, con maggiore intensità, la certezza dell’imminente incontro con chi lo avrebbe accompagnato per gran parte del percorso. Senza di lei si sentiva un essere incompleto, forse inadatto, di sicuro infelice. È certo che la persona inviatagli dal fato per collaborare al suo programma, riuscì solo raramente a lenire la sua solitudine, peraltro, lei va giustificata per non averlo fatto con costanza; i fattori di “disturbo”, primo fra tutti, la grave patologia che colpì la loro figlia, avrebbero stroncato pure un gigante.
La ricerca di una collaboratrice fu motivata quasi esclusivamente dalla convinzione che, per realizzare un sogno, sarebbe stata indispensabile una donna. Da due principi, dal maschile e il femminile, ne sarebbe scaturito un terzo: il perfetto equilibrio… quella forza costante e inarrestabile che sa dare forma al Regno di Dio ma prima alla sua compagna sarebbe stato chiesto di percorrere la via della devozione fino alla fine. Solo una donna infatti, poteva ricucire le tante ferite dell’animo che nel corso della lotta avrebbe sicuramente riportato. Fu così che al momento stabilito il loro incontro avvenne per caso.
Era un giorno d’estate inoltrata, camminava sul lungomare di Barcola tra i corpi stesi al sole, quando improvvisamente si trovò davanti una ragazza minuta con dei lunghissimi capelli neri e ondulati che parevano avvolgerla.

Colpito da quella figura così appariscente, si sorprese a fare una ridda di considerazioni: “Come posso rimanere impietrito davanti a questa specie di folletto, non dovrebbe interessarmi, non è d’una bellezza travolgente e nemmeno formosa come uno schianto da copertina. Sembra una ragazzina, non credo abbia sviluppato a sufficienza il senso di responsabilità che ci si attende da una donna… e, se per un attimo mi è sembrata un angelo, forse ne sa una più del diavolo.” – Non capiva se quel fascino così intenso scaturiva dal suo atteggiamento riservato… o piuttosto perché sembrava uno scaltro felino in agguato. – “Mah!  Eppure…  così indecifrabile e con quegli occhi che paiono quelli di una cerbiatta sperduta e impaurita. Cosa vado a pensare, accidenti! Non è possibile che la solitudine giochi fino a questo punto con la mia fantasia“.
Per un istante l’insolito accavallarsi di pensieri fu sostituito dal desiderio di allontanarsi, poi, rassegnato ad andare fino in fondo, riprese lo slalom mentale.

Probabilmente si tratta di un nuovo modo di fare, alle volte saltano fuori novità, modi di dire, d’atteggiarsi e di vestirsi che si diffondono tra le masse dei giovani immediatamente. È l’unica che abbia fatto scaturire, dal profondo del mio animo, quel fuoco di fila di domande ed è strano quel bisogno impellente d’una risposta per farlo cessare. Forse non è di Trieste, – continuava a rimuginare, credendo fosse quello a colpirlo. – chissà da dove viene… Mah! È inutile rompersi la testa, sarà meglio che le parli.”
«Senti, scusa, puoi prestarmi quel giornale?»
«Volentieri, ma non è mio, è suo.»
Il tono della sua risposta e lo sguardo furono eccessivamente gentili e lui non era preparato a parlare con una aliena, così preferì rivolgersi alla sua compagna. Era uno scricciolo sempre in movimento, la conosceva da quando era bambina e a pranzo, sicuramente mangiava molle sott’olio condite con un pizzico di polvere da sparo.
«Ciao Anna, dice che è tuo, allora posso prenderlo vero? Te lo riporto appena finito.»
«Puoi tenerlo, noi tra poco torniamo in città, ciao.»
Si allontanò col giornale arrotolato in mano e, dopo pochi passi, i pensieri di prima tornarono a ripresentarsi: “Cosa c’è di strano in quella ragazzina, parla nel nostro dialetto, conosce Anna… e sembra non vedere nessuno; quali saranno i suoi pensieri, cosa pensa veramente? Ma che diavolo mi prende, che importa sapere cosa pensano gli altri, lo so bene che hanno tutti le stesse cose per la testa, le stesse banalità.
Sembra realmente diversa però, inavvicinabile come una dea posta in un luogo inaccessibile. Mah!.. Per la miseria, come è possibile sentire il timore di avvicinarla e nello stesso tempo esserne così attratto? E poi, perché non dovrei frequentarla? Forse è proprio quella persona in grado di farmi vivere le esperienze di cui intuisco la mancanza. Rappresentano forse quelle porte iniziatiche che dovrò superare per realizzare il progetto che nessuna mano potrebbe disegnare?”
Questo ultimo pensiero interruppe la raffica di domande per lasciare spazio a una muta decisione.

Accidenti al momento che ho messo la cosa sotto questo aspetto; ora dovrò bussare al cuore di ogni candidata, di chiunque mostri un briciolo di interesse per il modo in cui interpreto l’esistenza. Dovrò farlo, evitando di farmi coinvolgere emotivamente, con distacco. Le passate avventure sentimentali mi hanno insegnato che rischio un serio pericolo innamorandomi nuovamente; è probabile che il dolore riesca a spezzarmi se venissi nuovamente abbandonato“.
Seguì con lo sguardo i due folletti che sparivano dietro le due lunghe file di alberi e, raccolta la rivista e l’asciugamano da bagno si avviò a rivestirsi. “Ora devo tornare in città e andare in palestra, potrei seguirla ma non lo farò, voglio lanciare una sfida al destino: quella strana ragazza non s’è mai vista a Barcola, se capiterà che l’incontrerò nuovamente, cercherò di capire il motivo per cui mi ha così turbato.”
Il giorno dopo, finito di sguazzare vicino al porticciolo, con lente bracciate andò verso gli scogli per risalire; nel farlo, posò la mano su quello più vicino, alzò lo sguardo per cercare altri appigli e si arrestò sbalordito. Le rocce attorno parevano lì per proteggerla, sembrava dipinta, il microscopico bikini faceva pensare che fosse vestita solo dei suoi lunghi capelli neri leggermente ondulati. Era nuovamente lei, solo non gli era capitata tra i piedi, piuttosto era lui a essere sovrastato dalla sua esile figura. Pensò ironicamente che fosse un gran brutto segno. Si rizzò sullo scoglio accanto e, mostrandosi stupito di vederla, la salutò con una battuta.
«Ciao, se non sposti quei capelli non diventi nera.»
«Nera non lo divento nemmeno se li sposto, ci sei tu ora davanti al sole.»
«Scusa, posso ributtarmi in acqua se vuoi.»

«Non ce n’è sarà bisogno, puoi stare anche qui, tra poco vado via.»
«Te ne vai così presto? Il sole è ancora alto… abiti lontano allora; ci vieni molto raramente a Barcola… vero? Non ricordo di averti mai vista. Su queste rocce sembri una sirena e, se ne avessi vista una, credimi, non potrei dimenticarlo.»
«Grazie per la sirena, in effetti questa è la seconda volta che ci vengo.»
«Come?… La seconda volta? Ma allora dove stai, non sei di Trieste, abiti a Muggia dunque?”
«No! sono di Taranto e vengo qui da mia madre solo d’estate».
«Non ti credo nemmeno se lo giuri, non hai minimamente l’accento della meridionale. Ti diverti tanto a prendermi in giro?»
«Guarda che ti sto dicendo la verità.»
«Allora tra meno di due mesi te ne andrai nuovamente, tornerai appena il prossimo anno dunque.”
«No! Non credo, mia madre dovrebbe trasferirsi definitivamente a Taranto e non ci sarà più motivo di tornare.»
Rimasero silenziosi, lei con lo sguardo imperscrutabile, mentre dal suo appariva chiaramente che si chiedeva a che scopo cercare di conoscerla, accompagnarla, attenderla e magari desiderarla, senza ottenere alla fine nemmeno un sorriso. Negli anni settanta ben pochi avrebbero scelto di perdere tempo con una ragazza per costruire una storia senza futuro.
«Verrò al mare ogni giorno,» – disse piano – «fa troppo caldo per restare in città.»
«Ci vediamo domani allora, ciao!» «Ciao…»
«A proposito, non so nemmeno il tuo nome…”
«Carmela!»
«Carmela? Strano, avrei giurato che fosse…»
«Che c’è di strano?» – chiese divertita. – «Pensavo ti chiamassi Laura ma non importa, non farci caso, scusami, è una fissazione che mi porto dietro da quando ero bambino… ciao, a domani.»
«Ciao!»
Pochi giorni dopo, nonostante la logica gli suggerisse che quel rapporto sorto tra loro era troppo tenue per reggere un seguito, quando erano assieme lo scordava completamente e, seguendo il suo sogno, badava a cogliere le possibili indicazioni.
Doveva per forza essere particolare, già dai primi incontri aveva mostrato la capacità di indovinare molti dei suoi pensieri. Sembrava aver percorso per un lungo tratto la via della devozione ma, soprattutto era portato a credere nella sua capacità di seguirla fino alla fine. Non era solito passare giornate intere assieme a una ragazza di cui non conosceva praticamente nulla e non aveva mai assaporato quella straordinaria serenità che lo avvolgeva quando camminava con lei.
Come è strana la vita alle volte, – si sorprese a pensare – ora che per evitare un’altra crudele delusione mi impongo di non abbandonarmi al sentimento per una ragazza, ora che esercito il distacco appreso con tanta fatica nei testi orientali, questa sembra cadermi ai piedi e vivere di me. È giusto che veda in lei la causa della mia serenità, piuttosto che attribuirla al fatto di aver finalmente saputo rinunciare a ogni emozione?
E il ricordo di tante pene sofferte sul campo sentimentale si risvegliò.

E se lei dovesse patire ciò che io ho sofferto quando venivo lasciato? Quando la rottura del rapporto provocava la deriva della mia anima in un mare di veleno? Se ciò accadesse vorrebbe dire che la colpa del suo dolore sarebbe mia. No!… Non posso immaginarla china su un libro e le sue lacrime che ne bagnano le pagine. No!.. Non potrei vivere sereno, ricordarla senza sentirmi artigliare l’anima dal rimorso. Lei così piccola e indifesa non lo farebbe mai, non arriverà mai al punto di ferirmi, se ama l’amore non potrà mai tradirlo.”
Con un briciolo di saggezza in più, derivata dalle successive esperienze, riconosce che a quel tempo il suo ottimismo doveva essere veramente alle stelle. Allora tutto gli suggeriva che lei non fosse come le ragazze che aveva frequentato fino a quel momento.
“Ma cosa sto pensando, è mai possibile che sia proprio questa ragazzina quella che attendo? Quella che sosterrà il mio animo nei momenti bui che lo aspettano? Non lo so… non riesco a trovare una risposta ma è improbabile; tra poco dovrà partire, avrà i suoi impegni, la scuola, i suoi amici a Taranto e io rimarrò solo un ricordo.”

Camminava al suo fianco lentamente, stavano salendo lungo la strada dell’Università. Il caldo era soffocante e quel pomeriggio non c’era un’anima nemmeno a pagarla; forse avrebbe dovuto tenerla per mano ma gli sembrava prematuro, non aveva alcuna certezza e le domande che le rivolgeva potevano sembrarle strane o quantomeno banali. Cercava degli indizi che permettessero di scoprire il livello di consapevolezza da lei raggiunto. Plasmare la sua eventuale compagna dal niente sarebbe stato un lavoro capace di togliergli le energie necessarie a terminare l’opera che da poco aveva iniziato. “Come posso essere certo di non sbagliare? Maledizione, non è affatto semplice. Forse ho trovato… seguirò l’intuito e se come un’incosciente le ho permesso di sognare una vita accanto a me nel mondo che abbiamo trovato, accetterò di sopportarne le conseguenze, continuerò a illuderla per tutta la vita. Le vivrò accanto in attesa che scopra, lei per prima, come l’amore possa essere diverso dalla rappresentazione a cui di solito si assiste.
Alle volte dubito sia quella destinata a collaborare al progetto ma non è lecito dubitare degli infiniti aspetti dell’amore e non sarò certo io a farlo; non ho intenzione di riservarle il cinismo con cui tante volte sono stato ferito“.
Non poteva assolutamente scordare il suo obiettivo; il compito che lo attendeva e verso il quale la forza inerziale lo spingeva; era quello di inseguire e catturare un amore diverso, la preda ambita con cui sfamare coloro che un giorno non lontano lo avessero richiesto.
Passarono dei giorni, svanivano lentamente e il suo ego pareva seguirli. Colpiva soprattutto il suo modo di stargli accanto: era la sua ombra, e tenerla vicina a tal punto non richiedeva alcuno sforzo. Come un’ombra seguiva i suoi passi e, per questo suo atto di devozione, era giusto che giungesse a scorgere la luce attraverso la forma che rivestiva. La vedeva annullarsi in lui: ogni intenzione veniva subito condivisa da lei, ogni curiosità che lo assaliva, ghermiva anche la sua anima; tutti i suoi pensieri, non appena li lasciava affiorare, trovavano la loro eco nella ragazzina che aveva accanto. Non poteva essere altri che quella figura tanto attesa dunque, e questa convinzione cominciava a rafforzarsi mano a mano che il tempo passava.

Era finita l’estate, aveva ricevuto la notizia della sua imminente partenza ed era steso sul letto nella sua camera. A notte inoltrata, l’incessante cadenza dei pensieri era simile a l’oceano che s’infrange contro gli scogli. Ed era così anche per loro. Non è l’onda a scegliere la scogliera sulla quale annullarsi per avvolgerla e nemmeno la roccia sceglie il flutto più impetuoso destinato a trascinarla per sempre con sé.
Tra poco però dovrà partire e io non posso lasciarla, lei non lo vuole. Sua madre non le permetterà di restare in una città che nemmeno conosce, non ha neppure diciotto anni, dovrò quindi seguirla fino a Taranto. Credo sia finalmente giunta l’onda capace di scuotermi e ora spetta a me starle accanto per sempre e rendere il suo amore e la sua devozione pronti a superare qualunque ostacolo. Forse sarà proprio lei a vedere per prima un mondo immaginario che diventa sempre più palpabile e con colori sempre più definiti“.

E così, la fiducia riposta in quella donna che, nonostante tutto continuava a celargli un lato del suo animo, gli impose di seguirla fino alla lontana città del Meridione. Non attese che diventasse maggiorenne; a quel tempo infatti, si doveva compiere il ventunesimo anno di età per potersi sposare se i genitori erano contrari alle nozze. Loro, per accelerare i tempi, in rapida successione ne combinarono di tutti i colori finché i suoi si rassegnarono e acconsentirono al matrimonio.
Dopo alcuni mesi trascorsi in una squallida stanza del “palazzo dei cento cani” noto perché le urla incessanti di chi vi abitava potevano udirsi fino nella elegante via adiacente, la riportò finalmente a Trieste, dove, negli anni che seguirono, si presentarono quelle difficoltà che, come aveva intuito, sarebbe riuscito a superare solo grazie a lei.

Aveva deciso di celarle il suo incredibile progetto, non le aveva fatto parola, o quasi, delle sue esperienze più significative e, solo raramente, le spiegava in modo generico le utopiche finalità che le varie forme di Yoga si prefiggevano. La via che lei avrebbe dovuto seguire e per cui era straordinariamente portata, era quella della devozione, non quella della conoscenza.
Alle volte però, di certe sue “teorie,” diveniva inconsapevole testimone proprio nei momenti più impensati. Accadde quel giorno che si recarono per caso in una frazione dell’altipiano alle spalle della città, con suo padre e una sua amica.


Il padre di Carmen era alla guida della sua vecchia Alfa e ora vagava alla cieca. Dopo parecchi giri inconcludenti si resero conto di essersi smarriti. Non avevano la minima idea di dove fossero, né dove sarebbero giunti proseguendo in quella direzione; fino a che, svoltando con la vettura, si presentò in lontananza, quello che in seguito scoprirono essere il colle di Monrupino con la sua piccola chiesa sulla sommità.
«Fermo!» – quasi gridò con impeto. – «Questo è un posto che ho già visto ma non capisco come né quando però, non ci sono mai venuto prima, nemmeno da bambino, è dunque impossibile che possa riconoscerlo. Nessuno ha avuto la possibilità né la voglia di condurmi da queste parti.
Sono certissimo di conoscerlo ma non riesco tuttavia a ricordare come sia successo però.» – trascorsero pochi istanti e il ricordo affiorò impetuoso. – «Ah! Ma sì! Ora ho capito! È incredibile… adesso mi è chiaro… ho fatto un sogno alcuni mesi dopo che ci siamo sposati… si! Solo un sogno e nient’altro,» – continuò come se stesse parlando da solo – «ma non ricordo molti particolari e poi, quello che mi pare più strano, è il fatto di ricordare perfettamente in ogni dettaglio alcune immagini e di ritenerle molto importanti e nulla, assolutamente nulla di quanto è successo prima o dopo quelle nitide sequenze. Sono su una moto azzurra» – mormorò guardando in direzione della collina come se si aspettasse di vederla. – «sul tipo delle Harley Davidson e sento sulla pelle i brividi di una giornata insolitamente fredda con continue folate di vento.»
Dopo essersi ripreso dal turbamento che quelle sensazioni così intense avevano provocato, si rivolse al conducente: «Prova a girare verso sinistra, quando arriviamo in fondo alla valle, vedrai che percorrendo quella strada subito dopo, sulla destra, ci sarà una specie di cava o piuttosto un luogo dove lavorano le pietre… delle pietre tagliate!»
Diede altre brevi indicazioni che si rivelarono sorprendentemente esatte ma ciò non colpì la loro curiosità: non notarono la sua eccitazione così evidente o, se lo fecero, certamente pensarono a uno stupido scherzo.


Qualche tempo dopo fece un sogno, ma più corretto sarebbe chiamarlo incubo, poiché il profondo terrore provato, gli impedisce tuttora di scordarlo. Quel sogno doveva essere inserito in una storia particolare, accanto ad altre, per realizzare un racconto unico e stupefacente.
Si vedeva in quei indelebili fotogrammi mentali mentre, pieno di timore, seguiva delle persone che procedevano lentamente tra due fila di alte scansie. Erano fatte con tavolacci di legno scuro e sembravano dei macabri loculi senza la lastra di chiusura.
Al loro interno, stavano distesi degli esseri simili a scheletri che allungavano lentamente le mani tremanti per trattenerlo ma non avevano la forza per farlo e riuscivano solo a sfiorarlo. Si chiedeva con angoscia se bramavano fargli condividere la loro sorte oppure cercavano di evitare qualcosa di più terribile ancora. – Manichini nudi – pag. 160 ed. Ferni, Ginevra, 1976.
Continuò a camminare, con la paura che riuscissero ad afferrarlo, finché si rese improvvisamente conto di trovarsi in una grande sala. Era costretto a stare immobile ora, non capiva dove fosse né cosa stesse succedendo, si guardava attorno senza riuscire a distinguere i contorni dell’ambiente a causa di una densa nebbiolina bianca.
Era in attesa di qualcosa di tremendo, ora si sentiva assurdamente “piccola e indifesa”. D’un tratto sentì un fragore spaventoso simile a una mazzata fortissima vibrata su una lamiera; quel suono lo riempì di terrore, un terrore sconvolgente… era ella stessa terrore!
Avrebbe voluto allontanarsi da quel luogo solo per scordare il punto da cui proveniva quel suono terrificante. Attraverso quella nebbia intravedeva ora uno spiraglio di luce che man mano aumentava.
Un grande portone di ferro si apriva lentamente e la luce divenne abbagliante. Permaneva nel suo animo un’attesa angosciosa. Dopo qualche attimo distinse via via più nettamente una sagoma scura in mezzo a quel chiarore abbacinante: era un grosso camion che indietreggiava con una lentezza ossessionante verso di lui/lei. Il suo terrore era indescrivibile, non riusciva a spostarsi, stava per essere schiacciata… Si svegliò tossendo e vomitando prima che il cuore cedesse per la paura.
Passò del tempo dalla notte dell’incubo ma, per una strana circostanza, esso tornò improvviso nella sua mente. Si trovava a oltre cinquecento chilometri da casa, da qualche giorno erano ospiti della madre di Carmen.
Un mattino, passando accanto alla fila di cassette postali situate all’ingresso del condominio da lei abitato, si arrestò bruscamente: un’edizione del Reader’s Digest stava dentro un imballo di cartone poggiato sopra l’ultima cassetta. Per quel volume sentiva la stessa attrazione che avrebbe provato per un tubetto di crema contro la cellulite: meno di zero.
Era completamente indifferente a quel libro, eppure vide con disappunto la mano agire da sola. Cercò una giustificazione, pensando che tra quelle pagine doveva esserci qualcosa che si sarebbe rivelata utile. Stracciata la confezione, sfilò un volume accuratamente rilegato con la copertina nera e una svastica rossa dal titolo – Manichini Nudi –.
Se avesse dato ascolto alla mente che considerava insensata e riprovevole quella azione, non lo avrebbe infilato nella valigia con l’intenzione di leggerlo una volta giunto a Trieste.
Forse quel libro poteva accrescere la sua conoscenza, pensò tornando a casa.

“Servirà al momento opportuno per estendere il mio campo d’intervento? Se non sono riuscito a frenare l’impulso di rubare qualcosa per cui non provavo alcun interesse, dovranno per forza esserci delle valide ragioni.”
Così, come accadeva sempre più frequentemente, anche in quella occasione seguì l’intuito e questo gli permise di aggiungere un altro importante tassello al mosaico che sta realizzando.


Erano tornati da oltre un mese, quella sera stava annoiandosi a letto mentre Carmela sbrigava le sue faccende in cucina. A un tratto, come usava spesso, urlò con tono perentorio: «Senti, Carmé, ti ricordi che fine ha fatto quel libro sui nazisti dalla copertina nera con lo swastika al centro… quello che ho fregato a Pavia?»
«Quale? Che libro dalla copertina nera?»
«Quello che ho preso a casa di tua madre… anzi, nella cassetta della posta giù in portone.» Come al solito il suo silenzio prolungato lo fece incazzare. «Accidenti! Come fai a non ricordare? Eppure ti ho fatto capire che ci tenevo molto, di non rovinarlo e soprattutto di non perderlo. È mai possibile che quando io mi scordo qualcosa lo fai immancabilmente anche tu?»
«Io non muovo foglia che tu non voglia per cui ti avverto: è tardi e non ho intenzione di perdere un’ora come al solito per trovare ciò che ti serve, ho altro da fare adesso.»
«È incredibile ma è una costante» brontolò seccato. «se non trovo subito quello che cerco, devo rovesciare tutta la casa per ore.»
«Non prendertela con me, sai, adesso. Io non lo ho nemmeno visto, so solo che ne hai parlato con Gianni.»
Rassegnato a dover rovistare dappertutto per trovarlo alla fine dietro l’ultimo oggetto spostato, infilò le pantofole. Per farlo dovette chinarsi e, nel rialzare la testa, lo sguardo si posò sulla valigia sopra l’armadio. “Vuoi vedere che per una volta ci pensa la fortuna ad aiutarmi” brontolò fiducioso.
Come sperava il libro c’era e un attimo dopo, tutto soddisfatto, tornò a letto. Cominciò lentamente a sfogliarlo, qua e là c’erano alcune foto atroci, erano ripresi degli esseri che di umano oramai avevano ben poco; si vedevano dei reticolati e delle baracche coperte di neve.
Poi, forse contemporaneamente a Carmela cadde una pentola o altro ma, l’istante stesso in cui posò gli occhi su “quelle” fotografie, riudì quel suono spaventoso che nell’incubo lo aveva terrorizzato. Una vibrazione sonora capace di far tremare l’anima dell’uomo più temerario, perché in quelle foto… c’era ciò che aveva visto nel sogno.
Si irrigidì come un automa e distolse lo sguardo da quella pagina, era incredibile: aveva rivisto gli stessi volti scheletrici e le stesse mani, disperatamente protese, da quei soppalchi di legno.
Lasciò cadere il libro, non aveva più nemmeno la forza di reggerlo. Percepire per un solo attimo gli odori e i suoni dell’incubo vissuto tempo prima, avevano centuplicato l’orrore di quelle immagini. Passarono dei minuti angosciosi e Carmela, che nel frattempo aveva finalmente finito di rassettare, s’era infilata accanto sotto le lenzuola.
«Dai, spegni la luce, lo sai che non mi addormento sennò. Non leggevi neppure quando sono entrata, ti ho visto sai, solo adesso lo hai ripreso in mano, lo fai per farmi un dispetto? Cosa ti ho fatto?»
«Ma dai, gnampola, che stai dicendo, stavo semplicemente pensando a queste terribili immagini.»
Allungò il braccio e lei sbirciò distrattamente la pagina indicata, paga della sua spiegazione, sussurrò la buonanotte come una bambina fiera e soddisfatta di aver fatto tutto per benino e si abbandonò al sonno.
Buona parte di quella notte la passò sveglio, doveva leggere ogni parola, poteva esserci qualcosa di importante e non solo per lui. Oltre alle foto, che rispecchiavano fin nei minimi particolari ciò che aveva sognato, trovò la descrizione di alcuni drammatici episodi a cui quelle immagini facevano riferimento; era la stessa che lui avrebbe potuto fare al suo risveglio da un simile incubo. Quei tasselli forse si sarebbero rivelati utili un giorno; altrimenti per quale ragione aveva sentito la voglia irresistibile di sottrarre quel libro, a che scopo vivere un incubo tanto spaventoso e ritrovarlo successivamente in quelle pagine? Perché ritrovarsi all’interno di una camera a gas e credere che dopo la doccia avrebbero potuto allontanarsi da quel posto a bordo di un camion?
– Alcune aspettavano come una liberazione il famoso camion, inerti apatiche, altre si ribellavano, correvano al portone, picchiando con i pugni e gridando… Un camion s’avvicina a marcia indietro verso il portone che si apre di fronte a esso…
Nel passo che seguiva, trovò molti particolari che coincidevano perfettamente con l’esperienza vissuta nell’incubo e che possono spiegare il terrore provato durante lo strano “sogno” e la paura folle che quel camion potesse schiacciarlo:
– La sala è ora fortemente illuminata. Un quadro orribile si offre, allora, agli occhi degli spettatori: i cadaveri non sono distesi un po’ dappertutto nella sala, ma accatastati in un mucchio alto quanto la stanza. La spiegazione sta nel fatto che il gas inonda dapprima gli strati inferiori dell’aria e sale solo lentamente verso il soffitto. È questo che costringe gli sventurati a calpestarsi e ad arrampicarsi gli uni sugli altri… Noto che in fondo al mucchio di cadaveri si trovano i neonati, i bambini, le donne e i vecchi; in cima, i più forti. Gli descrivo la sofferenza che questa bambina ha dovuto subire e le orribili scene che precedono la morte nella camera a gas. Quando tutto è piombato nel buio più assoluto ha aspirato qualche boccata di gas cyclon. Solo qualche boccata, il suo fragile corpo è crollato sotto le spinte della massa, che si dibatteva contro la morte, e, per caso, ella è caduta con il viso contro il cemento bagnato del pavimento. Quel poco di umidità ha impedito l’asfissia. Perché il gas cyclon non agisce in mezzo alla umidità.” Ibidem
Quella bambina, l’unica testimone sopravvissuta in quei giorni spaventosi, non si portò in alto tra i più forti ma rimase a terra correndo il pericolo di venir schiacciata da quel dannato camion che retrocedeva lentamente. –

Lo strano fenomeno che lo portò a vivere il terrore e la disperazione provati dai deportati ebrei, può avere ai vostri occhi molte spiegazioni: cognizione paranormale, truffa, coincidenza oppure metempsicosi.
L’ultima possibilità, che vogliamo suggerire, non ha nessuna controindicazione medica, non può fare alcun male né condurvi a conclusioni volutamente sbagliate.
Seguendo questa ipotesi è possibile attribuire allo Spirito la capacità di essere stato una bambina; una creatura innocente e indifesa in un inferno ideato dal uomo.
Tale capacità la si scopre in un’antichissima tradizione, difficile da datare ma nota ai saggi del culto ebraico, dove si racconta di un Re nato dal sangue di Sion destinato al trono mondiale. Pensando alla metempsicosi e ai passi profetici che esprimono il convincimento della discendenza e della regalità del personaggio, destinato a lasciare una profonda traccia nella storia, l’episodio può venir inquadrato alla luce di tali elementi esoterici e trova una corrispondenza adeguata.

Egli sarà della tribù di Dan, e sarà riconosciuto da Israele come il Re che tanto fedelmente attese”

In ogni modo dunque, tutti i re provengono da una figura femminile anche se non necessariamente ebrea. Non è un vanto né una vergogna procedere dallo Spirito immortale di quella bimba, perché si tratta solo di una delle espressioni o, se suona meglio, di un fenomeno dovuto a quella perenne Energia capace di lasciarsi percepire in una infinità di forme… anche in quella enigmatica dell’Antilegge.
È auspicabile che il grido di guerra di questo futuro re, che tra un trono e una corona di spine, sceglie la seconda, sia udito dalle masse impotenti davanti alle difficoltà che rallentano il percorso evolutivo nell’attuale dimensione. Alcuni le percepiscono come un disegno diabolico e inutilmente tentano di cancellarlo. Prestando attenzione a quel grido, il Disegno Intelligente del Dio di ogni credo, si antepone al primo e diviene più evidente così che tutti possano colorarlo. Apparirà più chiaro il nesso tra quella antica tradizione, il libro sottratto, il sogno terrificante apparso al nostro Scriba e la bambina che visse quella tremenda esperienza, e poté raccontarla a una infermiera del campo di sterminio, se si accetta l’interpretazione data alle parole che la tradizione riporta: “Il Re nato dal sangue di Sion non è altri che l’Uomo nuovo nato dal sangue dell’Olocausto.”
Ora verranno commentati brevemente quei tanti se, forse, chissà, quegli avverbi che paiono dubbi. Da essi si potrebbe dedurre che non si possa vantare alcuna certezza. Non è così, quando si è liberi di dirigere il fenomeno evolutivo in ogni direzione e, nella Realtà proposta all’attenzione del lettore, possono coesistere due scelte antitetiche senza che una escluda l’altra; quella Realtà, va accettato, È!
Questa sintetica definizione, in verità infinitamente complessa, viene usata per descrivere ciò che non si può umanamente de–finire né in alcun modo indicare al fine di suscitarne l’esperienza; è come parlare del gusto del sale a chi non lo ha mai mangiato… è inutile parlarne per ore.


Chiuse il libro, il sole stava sorgendo. Attraverso le persiane filtravano i primi raggi. “Già, luminosi… come dovrebbero esserlo i primi discepoli, – la mente suggerì. – voglio proprio vedere la faccia di Gianni quando gli racconterò la strana esperienza vissuta in quella galleria, del Piano che ne è scaturito in seguito e tutto il resto. Uno di questi giorni sarà il primo a conoscere quegli attimi così drammatici, poi, se lo vorrà, andremo assieme per verificare quanti sono i passi che ho fatto per giungere alla nicchia dove sostai.”

L’Anticristo vorrà somigliare a lui, e il suo primo discepolo si chiamerà anch’egli Giovanni, sarà il primo a cui l’Antilegge si rivelerà.”

Diversi anni dopo, trovò anche questa straordinaria coincidenza quando, per caso, scoprì che un veggente aveva addirittura indicato il nome della prima persona alla quale l’Anticristo avrebbe confidato la sua natura; una personalità frutto delle esperienze come quella vissuta nella galleria e l’incredibile Piano che ne era scaturito.
Questa scoperta avrebbe potuto renderlo euforico e solleticare il suo orgoglio, invece, ciò a cui aveva assistito, gli confermò semplicemente la capacità dell’Energia Intelligente di creare tutte le coincidenze necessarie alla comprensione di una delle infinite, meravigliose possibilità, dello Spirito stesso.
Se per alcune profezie il nostro Scriba ha omesso di citare l’autore e il volume da cui furono tratte, va pienamente giustificato poiché, quando altri tasselli profetici fecero in seguito la loro comparsa, al fine di dar maggior peso alle parole che vergava, egli, consapevole di averne già trovati in abbondanza, non riservò a queste ultime particolare importanza. Per credere bastava solo un pizzico di fiducia e lo Scriba, alla fine, l’avrebbe ottenuta.
A quel tempo, non rimaneva con l’orecchio attaccato alla radio per svolgere il compito che gli era stato assegnato, solo le notizie di guerre, carestie, rivoluzioni e simili, destavano com’è giusto, il suo interesse. Rafforzava la capacità di discernimento cercando di scoprire come le solite e più insignificanti, potessero influenzare gli eventi più importanti.
A causa dello scarso impegno iniziale, dovuto prevalentemente agli estenuanti allenamenti, alcune delle straordinarie profezie, frettolosamente accantonate, andarono smarrite. La più curiosa, con la sua inesattezza, ottenne l’effetto di aumentare il suo interesse per i veggenti. Ricorda di averla trovata su una rivista del paranormale, era una interpretazione, decisamente controcorrente, del numero 666.
L’autore scriveva che in origine, sui primi testi sacri, il numero-nome con cui sarebbe stata indicata l’incarnazione del male, veniva trascritto così: 600-40-60. Si precisava pure che le lettere, dell’alfabeto greco antico, erano usate per indicare indifferentemente sia quel numero pieno di oscuri significati, sia la parola nero. L’articolo proseguiva indicando e sottolineandola più volte, una curiosa analogia che lo stupì.
Si faceva notare che il nome di Dio in sanscrito: Krishna, significhi appunto nero! Ecco quindi stabilito un collegamento tra simboli di culture differenti; quei simboli numerici, erano stati usati per indicare la stessa divinità.
A ogni modo nemmeno smarrire tanti indizi accade senza scopo, si può esserne certi. Molti infatti non devono essere convinti, essi dovranno servire da terribile esempio per quelli che rimarranno. Un indizio a conferma, di quanto sopra, nello scritto di una religiosa risalente al lontano 1793:

E i sopravvissuti, spaventati dalla punizione degli altri, riconoscendovi il dito di Dio, vivranno in pace.”


Parlava raramente delle sue esperienze con Carmen; non lo riteneva necessario al suo progresso interiore. È noto che per avanzare sul sentiero spirituale le parole di spiegazione sono superflue per la bakti-yogi. Con questo termine, insolito per gli occidentali, i maestri di yoga indicano chi segue un percorso spirituale caratterizzato da una assoluta devozione a un essere o a uno scopo.
Carmen era particolarmente predisposta a seguire quella via, lo dimostrava la sua capacità di dedicarsi completamente al ruolo di madre. Limitò quindi il suo intervento a qualche sporadica considerazione e pochi accenni a quelle intuizioni che aveva gelosamente custodito. Nel caso le fosse capitato di leggere delle profezie con dei riferimenti specifici a una figura simile alla sua, non avrebbe perso tempo a porsi delle domande.
Favoriva la sua iniziazione in mille modi, sapeva che doveva arrivare il giorno in cui le avrebbe chiesto di fidarsi, di avere fede in ciò che la mente non è in grado di comprendere. Avrebbe pure dovuto scegliere tra la via percorsa, che ora diveniva più ripida, e quella che presto le sarebbe apparsa.
Un giorno la avvicinò mentre era intenta a rassettare la casa, la pregò di fermarsi e di ascoltarlo, voleva sentire il suo parere su di un tema che gli stava particolarmente a cuore.
«Carmé, ricordi cosa ti raccontai dell’esperienza nel tunnel, di quando decisi di prendere la pistola per farla finita e tutte quelle descrizioni profetiche rintracciate in seguito che sembrano riferirsi proprio a quella strana avventura che mi è capitata? Bene, guarda un attimo qui, in questo libro si potrebbe pensare che si parli proprio di te. No! Non guardarmi così! Non credere come al solito che ti stia prendendo in giro… o che non abbia niente da fare, leggi e dimmi che ne pensi.»
«Aspetta un momento, torno subito, devo portare di là la tovaglia, sennò Paco mi fa un disastro.»
Il macaco di tre anni si aggirava tutto soddisfatto sulla tavola, ora poteva razzolare tranquillo, capiva che non gli si badava essendo interessati ad altro.
«Carmela senti, è notevole il numero dei particolari che coincidono perfettamente.»

La compagna dell’Anticristo sarà confusa con le spighe di grano (minuta, sottile)… avrà un piccolo seno… Egli, sarà più abile con la verga (penna) che con la parola e il compito di parlare sarà affidato alla persona a lui vicino dalle labbra balbuzienti.”

Le citò altri passi e attese una sua eventuale reazione; poi, vedendola poco partecipe, continuò: «Ti ricordi quando sono rimasto per mesi e mesi senza parlare con tutti tranne te? Eri tu che parlavi per me con gli altri… negli uffici, dai carabinieri, al comune, dal medico e in molte altre occasioni… rammenti la faccia che facevano? Pare proprio che anche questo particolare sia stato previsto da un sacco di tempo.
Lo sai, quando ti ho conosciuta pensavo che avrei potuto passare con te solo dei bei momenti, ma dopo un po’ ho cominciato a credere che tu fossi la persona in grado di aiutarmi a realizzare il mio sogno: rendere altri consapevoli di come si espande in noi l’altra dimensione; essa è per noi ciò che il lievito è per il pane.»
Sarebbe stato meglio le avesse detto qualcosa di più, gli eventi che di lì a qualche anno dovevano ferirli, si sarebbero rivelati meno dolorosi e traumatici per entrambi.
Avrebbe dovuto dirle che sentiva la necessità di vivere l’esperienza del matrimonio nel ruolo del capofamiglia. Solo così si sarebbero verificate alcune coincidenze significative per il suo Progetto. Il Piano richiedeva di vedere le inevitabili ed estese interazioni che la figura di un padre determina. Intuiva l’utilità di capire i mutamenti interni d’una cellula primaria del corpo sociale umano, poiché questo avrebbe consentito di “gestire” nel modo migliore la catastrofe sospesa sulle loro teste. Un disastro che sarebbe iniziato nel momento stesso che quelle cellule si fossero disgregate in misura maggiore per i motivi più vari.
«Così io sarei solo questo per te, una cosa che ti ha fatto comodo… un oggetto… forse prezioso, ma niente di più!»
«Dai su! Non parlare così, mi fai sentire in colpa anche se colpe non ne ho. Rifletti, ricordi la nostra passeggiata sulla strada dell’Università, quando ti ho conosciuta? Quando simulando un gioco mi sono messo a farti delle domande? Allora le tue risposte le davi solo dopo aver vagliato, fra le possibili, quella che mi avrebbe maggiormente soddisfatto. Ora, se tieni presente che quello in realtà non era affatto un normale gioco, che sussiste la pur remota possibilità che tu sia coinvolta in un disegno, dovresti darmi atto della mia lungimiranza. Non ti devi rattristare, al di là di tutto ciò io ti amo e ti amerò sino al giorno in cui ti atterrai a quello che credi di essere; una donna con il dovere di donare tutto ciò che di giusto e di nobile le venga richiesto.»
«Ma tu non sei come me, tu ora parli bene ma non ti vedi quando succede che ti adiri, quanta paura mi fai. Per raggiungere i tuoi scopi non ti fermeresti dinanzi a niente, non c’è nulla che possa farti ragionare, desistere…»
«Ti sbagli amore, tu puoi, tu sei l’unica che può farlo, che riesca a fermarmi, non ne comprendo il motivo e neppure intendo cercare di capire, accetto semplicemente che sia così.»
In quella circostanza le diede l’impressione di saper ricorrere alla menzogna e a qualunque nefandezza per attirarla maggiormente verso di se, poiché, senza ribattere, si allontanò per continuare il riordino della casa.
La ragione per cui la riteneva un freno efficace la comprese leggendo una interessante pubblicazione sulla spaventosa tragedia del popolo ebraico nei campi di sterminio nazisti. Ragionando su quella tremenda esperienza collettiva, arrivò a intuire in quale occasione lei avrebbe potuto ricoprire il ruolo della figura materna. Il significato di quegli eventi lontani verrà approfondito nel IX° capitolo per dare una spiegazione, con un certo grado di razionalità, al perché solo lei potesse fermare la sua mano nelle situazioni in cui rischiava di perdere il controllo.
Quale persona infatti può raffreddare l’offesa bruciante meglio di una madre? E molti veggenti avevano scritto che sarebbe stata la Madre a farlo ma non per sempre:

Sarò obbligata a lasciar libero il braccio di mio Figlio… Allora vedrai che Dio castigherà gli uomini con maggior severità che non nei giorni del Diluvio.”

Mille imperscrutabili motivi congiurarono perché si separassero e l’inverno scendesse sul suo animo; però sapeva che dopo il gelo subentra la primavera e i due semi preziosi che lo Spirito custodiva, sarebbero germogliati. All’interno di questo quadro allegorico va posto un nome: Carmela, esso in origine significava orto di Dio ma per quei due semi avrebbe dovuto cercare un orto che la gramigna non aveva infestato.
Ogni quadro va anche posto sotto la giusta luce e per questo c’è la data che molti testi profetici, considerandola importante, riportano.
Chi si interessa ai messaggi occulti, forse saprà che un egittologo, eseguì delle misurazioni nelle sale e nei passaggi della grande piramide di Cheope; utilizzò il pollice piramidale sacro e ricavò oltre al numero 666, una data che ritenne molto importante: il 1953. Forse il caso vuole si tratti dell’anno di nascita della sposa di chi vuole dare concretezza agli incubi e ai sogni collettivi? Il quadro che si sta realizzando, alla fine verrà posto, fra le enigmatiche parole di Luca perché facciano da cornice:

La Regina del Mezzodì “risusciterà” nel Giorno del Giudizio con gli uomini di questa generazione e li condannerà.”

Il rebus metafisico proposto, è di semplice soluzione se si pensa che il Santo ha saputo trovare una lusinghiera definizione per colei che nel 1953 vide la luce nel Mezzogiorno e partecipò, parzialmente consapevole, al suo Piano per lunghi anni e, in questi Ultimi giorni, è stata chiamata a giudicare e cancellare dei nomi apparsi indegnamente sulle pagine del Terzo Testamento. Il santo non aggiunge che anche lei avrebbe versato nel suo calice il tradimento… lascia che il caso se ne serva per far crescere due rarissimi fiori.
Tramite Gilly il Nemico le avrebbe suggerito di abbandonare la via: «Lascialo, devi pensare a te stessa… non fermarti per amore dei tuoi figli… da loro non avrai niente.» L’Oppositore si sarebbe servito di Gilly per vibrare i suoi fendenti senza supporre che proprio lei doveva in seguito trasformarsi in un boomerang e, nel capitolo dedicato al Giglio d’acciaio, si vedrà come il prescelto ha saputo servirsi del suo filo tagliente.
Forse il destino vuole che lui beva fino l’ultima amara goccia di quel calice? Deve farlo perché si capisca che, quando si ama, il fiele si trasforma in miele? A ogni modo, quando in seguito lo si sentirà parlare di lei, non sarà per toglierla dal posto che le spetta e, al momento, il consiglio rimane quello di valutare, senza alcun pregiudizio, ogni spiegazione fornita, anche la più impensata, perché ogni verità di questo Universo, è soggetta al mutamento.
Si potrebbe continuare a rigirare tra le mani il tassello della reincarnazione che spiega molte situazioni paradossali ma, essendoci tante pubblicazioni che la trattano, basterà aggiungere che alcuni Padri della Chiesa e molti pilastri del pensiero, in ogni epoca, sostennero con forza la metempsicosi.
Le stoccate intellettuali che sono appena state distribuite hanno lo scopo di acuire la capacità di parare ogni possibile aggressione concettuale. Bisogna sottoporre le affermazioni trovate, al vaglio dell’intuizione, senza farsi ingannare dal sapere nozionista. Appresa questa tecnica impeccabile, per un Guerriero sceso sul campo di battaglia del pensiero Ultimo, è fondamentale praticarla fino alle estreme conseguenze.