Deve alzarsi, c’è chi non può e non deve più attendere: quelli che lo hanno chiamato! Non ha dormito a sufficienza nemmeno questa notte; dopo averne trascorse tante insonni, piangendo impotente accanto al letto di Giada, fortunatamente ha sviluppato una sorta di autonomia di movimento indipendente dallo stato psicofisico.
Anche oggi dovrà subire la rabbia e l’odio di sua moglie, anche oggi dovrà chinarsi al disprezzo delle sue bambine. È triste e rassegnato a dover sopportare ciò che si sta preparando; pare impossibile che proprio dalla sua famiglia, da chi sente più vicino, lui non venga capito. Non esita a riconoscere i suoi errori, che paiono tali solo se visti da un’ottica umana, sa che pur dandoli per scontati, essi non sono comunque così gravi da giustificare la loro attuale condotta e il giudizio negativo di cui è vittima.
Dovrà farsi forza e accettare anche questa tremenda sofferenza. Sa che istintivamente cercherà attorno a lui chi possa aiutarlo, e sa che sarà inutile, perché dovrà seguire la luce dentro la sua anima invece delle scintille che lo affiancheranno, per pochi ma significativi istanti, durante il cammino. Userà l’unica arma a sua disposizione, la sapienza, come si utilizza un bisturi: per separare la carne distrutta da un odio pervicace, dalla carne che tende alla vita eterna. Purtroppo, affinché le sue figlie lo vedano, esse per prime nella giusta luce, non sarà sufficiente l’affetto, non basterà neppure un suo gesto eclatante ma si rivelerà necessaria una molteplicità di esperienze che solo l’amore, quella straordinaria energia sincronica, può determinare. Una parte del loro vissuto sarà inevitabilmente doloroso ma sa di non sbagliare dicendo che può esserci più amore in uno schiaffo che in cento carezze.
Il suo orgoglio di padre si è spinto fino al punto di volerle plasmare a esempio per le generazioni future. Le ha dotate, dalla più tenera età, degli strumenti migliori: il discernimento e l’umiltà, se sapranno custodirli saranno in grado di assolvere un giorno quel compito. Dovranno semplicemente apprendere l’uso di quegli strumenti e, se al momento lo considerano il solo colpevole dei tanti torti che hanno subito, quando riusciranno a comprendere e ad amare senza riserve lo assolveranno.
Come uomo dunque, è stato abbandonato anche da chi avrebbe dovuto sostenerlo ed essergli di conforto. Gli hanno rivolto le accuse peggiori: fra le tante, di essere portato a soddisfare i suoi desideri senza tener conto delle necessità di quanti gli sono vicino.
Ai loro occhi si rivela solo un irresponsabile, un egoista e non solo, ed è proprio questa visione parziale e ingiusta, la punizione che inconsciamente si sono attribuite per aver trasgredito alla legge che compone l’essenza di ogni anima: onora il Padre.
Infelice sarà chi non può vedere il volto del proprio padre, anche se raggiunge un elevato grado di sviluppo spirituale. Grazie a quella sofferenza, esse capiranno che fu spinto, da qualcosa di indefinibile, a dare concretezza alla leggenda dell’Anticristo. Comprenderanno che intuì di voler realizzare un sogno quando era un ragazzino e, questo l’ha portato a rimanere quel bambino perdutamente affascinato da un Lila divino.
Il sogno che tutti, prima o poi, sono destinati a fare: entrare nella dimensione dove si è liberi di non imporre niente a nessuno e dove tutti possono l’impossibile. Facendo battere più forte il cuore, tanto forte da sembrare il ronzio di un’ape, proseguendo per 78 passi dentro la Gran Galleria, portando sulla fronte quella piccola cicatrice a forma di croce rovesciata, acquistando, contrariamente alla volontà di sua moglie, quella tanto deprecata moto azzurra e quel “inutile” computer per comporre quest’Opera letteraria in cui, finalmente, si materializza il Piano preparato da sempre. Oggi le sue bambine possono, devono, continuare a credere che sarebbe stato meglio se la mamma, il giorno che riuscì a sottrarlo, quel computer l’avesse distrutto.
Spetta ad altri capire, se tutto ciò che gli è accaduto, possa causare un cambiamento planetario al fine di far risplendere questo gioiello incastonato nel cielo da l’eternità.
Si sente talvolta affermare che il battito d’ali, d’una farfalla, possa provocare conseguenze inimmaginabili a distanze incredibili. Riguardo al gioiello che alcuni calpestano con disprezzo, si può dire con altrettanta convinzione, senza per questo credersi un profeta di sventure che, anche il loro gesto sprezzante, potrà scatenare conseguenze altrettanto inimmaginabili.
Alla sua sposa va augurato di intuire perché accettò di esser visto come padre e sposo indegno, di perdere la sua famiglia, quando questo si rese necessario per riuscire nel compito che pochi oserebbero iniziare.
Molto tempo prima che quel piccolo nucleo e ciò che aveva con sacrificio costruito per esso, venisse distrutto dalle tensioni, dalla impossibilità di comunicare e dalle influenze esterne, durante una discussione affermò che avrebbe perseguito il suo progetto a costo di passare con i cingoli di un blindato sopra le sue stesse figlie. Con quelle parole, chiaramente allegoriche, esprimeva semplicemente la determinazione e la consapevolezza che tutto ciò che si persegue senza scopo egoistico è possibile, ma ora gli venivano scagliate addosso come pietre da una sposa vittima dell’orgoglio. La sua ostinazione a voler procedere da sola, non le permette di riconoscere che quanto si immagina, si possa pure realizzare, e questo fa di lei un individuo incapace di rendere manifesto quello che, nonostante tutto, le fece intuire.
Trovandosi di fronte alla necessità di scegliere se occuparsi di loro, della sua famiglia appunto, o continuare l’Opera alla quale aveva occultamente dedicato la vita, constatò che già il semplice dilemma aveva la forza sufficiente a ucciderlo. È quindi impensabile che alla guida di un cingolato potesse proseguire trovandole davanti.
La lacerante esperienza di dover compiere una tale scelta si presentò concretamente dopo un acceso diverbio, sfociato in un serio incidente, del quale fu vittima la madre di Carmen. Il fatto provocò gravi conseguenze alla donna che si ritrovò con due arti spezzati, e di questa spiacevole conclusione fu ritenuto responsabile. È intuibile che non cercò di giustificarsi, attribuendo al caso la colpa, per il modo cruento col quale era stata salvaguardata la sua incolumità. Sarebbe stato perfettamente inutile. Nel animo della sua ormai acida metà, le parole, anche le più concilianti, lasciavano il segno del vento sulle nubi: aria di tempesta.
La tremenda tensione dovuta ai tanti problemi e soprattutto alle condizioni critiche di Giada, aveva ormai raggiunto il punto di non ritorno.
Aveva così maturato la decisione di interrompere il loro rapporto. Da troppo tempo la dedizione verso di lui e le bambine veniva dipinta, da alcuni individui ciechi e presuntuosi che ignorano dove sono diretti, come il risultato di un’ingiusta oppressione esercitata su di lei. Alle volte, i suoi atti disperati di ribellione e sfida, determinavano in lui rabbia impotente, altre, quando il suo animo gli gettava in faccia tutto l’odio di cui era capace, ed era tanto, la disperazione.
Ascoltando solo l’istinto, tentava inutilmente di obbligarla a riprendere il posto che le spettava, era scritto che sarebbe stato tutto inutile e così fu.
Nel mese di giugno, dieci interminabili giorni d’inferno trascorsero, ma molti di più sarebbero potuti passare senza avere sue notizie se, il caso, non gli avesse fatto avvicinare due suore vestite di bianco che, come angeli turbati dalla sofferenza che esprimeva, rivelarono il luogo dove sarebbe riuscito a trovarle.
Lei se ne era andata portandosi con sé le tre piccole. Avrebbe potuto, nonostante tutto, continuare il suo compito, ma né il cuore né la mente lo permisero.
Tutto il periodo dell’affannosa ricerca, presso parenti e conoscenti, di qualche traccia che potesse rivelare dove si era rifugiata, lo passò senza dormire neppure un minuto.
Ottenne solo insulti e minacce proprio da chi aveva suggerito e agevolato il suo allontanamento. Confidava ostinatamente nella possibilità di rintracciarle, ma quando l’ultima illusione svanì, giunse al limite fisiologico.
A questo punto, la storia prevede una breve pausa per consentire l’inserimento di alcune osservazioni, tratte da un saggio di Jaynes, col proposito di far apparire comune e spesso privo di implicazioni patologiche, il fenomeno uditivo descritto nelle pagine seguenti.
Una allucinazione che si presentò in una circostanza particolarmente stressante, una situazione in cui era fondamentale riuscisse a individuare la scelta più oculata.
“Questa voce viene udita in vario grado da molte persone assolutamente normali. Spesso ciò accade in periodi di stress, quando si può udire la voce di un genitore. Un pomeriggio in preda alla disperazione intellettuale d’improvviso una voce ferma distinta e forte risuonò alla mia destra e disse: Includi il conoscente nel conosciuto! Saltai in piedi esclamando…” -Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza- p. 113-114
Julian Jaynes, noto docente di psicologia alla Università di Princeton, provò un’esperienza che ricorda chiaramente, sia quella di Giovanna D’Arco, sia quella che ha vissuto il nostro Scriba. Essendo un ricercatore scientifico, lui si occupò di effettuare un’analisi serrata di testimonianze letterarie e archeologiche, soprattutto mesopotamiche, greche ed ebraiche, disegnando il profilo di quella che ritiene essere la mente bicamerale: la fonte dell’autorità e del culto.
Le svolte epocali della storia e la nascita di molte civiltà furono talvolta determinate, egli teorizza ragionevolmente, da una particolare incisività sul piano sociale del fenomeno che avviene talvolta nella mente.
Un analogo fenomeno uditivo, gli accadde una sera a casa delle due persone con le quali, tanti anni prima, aveva parlato davanti alla Ginnastica Triestina, dopo esser uscito dalla Gran-Galleria.
Nei giorni precedenti, trascorsi in frenetiche ricerche, non aveva ricevuto alcun conforto, era rimasto solo con le paure e le ipotesi più terribili e improbabili. Queste avevano roso a tal punto la sua mente e ogni resistenza che, alla fine, mentre si apprestava a uscire dalla casa degli amici d’un tempo, sentì giungere l’istante in cui sarebbe inevitabilmente crollato. In quel momento, le parole del Padre, sotto forma di un pensiero scaturito dal profondo, trafissero la sua mente come una sentenza di morte: “Accetti di lasciarle e di continuare la mia Opera? A ciò che ti ho chiamato?”
Non trovò la forza né il coraggio di rispondere a quella implacabile domanda interiore. L’intuito poté solo suggerirgli di abbandonarsi a Lui… e rimettersi alla sua volontà.
Si fa riferimento, come sempre, a quella essenza che si può raffigurare in mille modi e alla quale, quando vi ricorreva, attribuiva immancabilmente la figura di un padre. Si tratta dell’energia che spesso si immagina esterna a noi e capace di trasformare in un istante la nostra percezione della realtà, anche quella più terribile.
Ciò avviene più frequentemente di quanto si creda e, un esempio significativo di questo fenomeno, lo si trova negli atti del processo a Giordano Bruno: “Stavano conducendolo al rogo dopo averlo sottoposto a tortura e avergli mozzata la lingua, ma il suo sguardo lasciava trasparire un’assoluta beatitudine.”
Il dramma al quale partecipava sembra infinitamente meno atroce, ma anche per lui, il sipario che stava calando, era quello sulla vita. Domandò mentalmente perdono per non essere riuscito a realizzare il suo Disegno e averlo tradito.
L’ostacolo si era rivelato capace di schiacciarlo eppure, nella profondità dell’animo, non sentiva il peso di quella che avrebbe dovuto essere una colpa. Fino a quel momento niente e nessuno era riuscito a spezzarlo, ma venir privato della loro presenza per dieci giorni era stato tremendo. Pensare di doverle lasciare per sempre, mentre i loro passi ancora incerti rischiavano di condurle verso le tenebre, era insopportabile.
Realizzò che stava morendo proprio a causa di ciò, lentamente ma senza scampo.
Era quella dunque la morte del cuore, chi mai poteva immaginarla più terribile, non era certo possibile sopravvivere a lungo in quello stato. Forse anche i passerotti, quando incautamente sono tenuti in cattività, prima di reclinare il capino, devono passare per questo inferno, pensò con angoscia. Poi, accadde qualcosa di inspiegabile dalla sola intelligenza razionale, improvvisamente sentì ritornare le forze, la sua mente ricominciava a formulare pensieri di ogni tipo, il respiro ridivenne percettibile, mentre il tremore, che fino a qualche istante prima non riusciva a frenare, era scomparso e la padronanza dei suoi arti sembrò essergli ridata. Nel buio corridoio, i suoi ospiti non intuirono che, sotto i loro occhi, si era svolta in pochi attimi una battaglia senza esclusione di colpi per il possesso della sua anima. Infilò il giubbotto e li salutò richiudendo la porta alle sue spalle.
Non era passato sopra di loro, “questa volta” la sua anima non si era macchiata di vanità. Nonostante l’angoscia e la disperazione più profonde, aveva parato il colpo fino a quel momento più duro. Ci era riuscito ponendole al di sopra della stessa aspirazione a realizzare quanto di più grande si potesse concepire.
La necessità del superamento di una simile prova, aveva radici molto profonde, e queste motivazioni meritano di venir messe in luce, affinché risulti più chiara la correlazione tra la traumatica esperienza appena descritta e l’incubo spaventoso del lager.
Negli anni bui, durante i quali in Europa si perpetrava l’orrenda strage nazista, la scarsa considerazione per chi rivestiva allora la figura di suo padre, l’animo della sua terribile e vivacissima Eva, lo aveva spinto a commettere un imperdonabile gesto di testarda e vanitosa leggerezza. Quel gesto, che in un contesto diverso sarebbe stato visto come un atto di disobbedienza, una semplice marachella, in quella circostanza, costò agli esseri che allora componevano la sua famiglia, le sofferenze indicibili del campo di sterminio.
La loro insopprimibile rabbia attuale è incomprensibile per chi volesse cercarvi una spiegazione senza considerare la legge del Karma, quella sempre più diffusa dottrina orientale che vede riunirsi nel tempo le varie figure familiari, bisognose di particolari esperienze, così da poter proseguire il loro cammino evolutivo. A questo proposito c’è una animata discussione con Eva, avvenuta alcuni anni dopo la rottura di ogni rapporto, dalla quale emerge un particolare significativo.
Giunto inaspettato, questo elemento getta altra luce sulla loro rabbia e aiuta a comprendere meglio gli intrecci occulti della loro unione.
Non importa il motivo per cui si trovava davanti al cancello della casa dalla quale era stato cacciato, vide l’uscio socchiudersi mentre Eva usciva in giardino e, come al solito, cercò di dialogare; fu inutile, lei dava a intendere di non notarlo nemmeno ma, d’un tratto, se ne uscì con una battuta che lo stupì per la sua incongruenza con ciò che tentava di spiegarle: «Papà! Io ti dicevo di fare ciò che la mamma ripeteva sempre, ma tu non volevi ascoltarmi, non obbedivi mai!».
«Ma ti rendi conto di ciò che stai dicendo? Come puoi dire che ero tenuto a obbedire a te che allora avevi meno di dieci anni?».
«Eppure ho avuto ragione io e tu torto».
Solo in un altro contesto, come quello vissuto in quel periodo tragico, l’assurdità del suo ragionamento, si rivelava un velato rimprovero per il suo antico errore. Uno sbaglio commesso in epoca remota, quando rivestivano Forme diverse ma già unite da un grande affetto.
Molto tempo dopo, meditando le sue parole, comprese che Eva era stata spinta dal suo subconscio a ricordargli la sua responsabilità per quanto accaduto durante il periodo bellico. Lui doveva ricordare per riparare la sua colpa; una colpa che lei riusciva a percepire “ma solo come un atteggiamento sordo ai suoi desideri e alla sua volontà.”
La metempsicosi, o reincarnazione, che molti si ostinano ritenere solo una tradizione senza alcun fondamento scientifico, ultimamente sta trovando, anche nel mondo occidentale, alcune importanti conferme.
Infatti, dopo aver condotto una complessa indagine statistica, prendendo come riferimento gli anni seguiti alle due guerre mondiali, alcuni psicologi, hanno registrato un significativo aumento dei casi di persone che ricordano inspiegabilmente situazioni, persone e oggetti a loro appartenuti o comunque, in vario modo contattati, e che tali ricordi, secondo quegli psicologi, risalgono inconcepibilmente al periodo bellico… quando loro non erano ancora nati!
I riscontri, avallati da testimonianze e da accurate ricerche, svolte in qualche caso dai diretti interessati e protrattesi talvolta per anni, hanno provato la veridicità delle situazioni e la concreta esistenza delle cose e delle persone oggetto dei loro ricordi. Si potrebbero citare, riguardo queste insolite esperienze, alcuni dei casi riportati dai mass media, ma non è questa la sede opportuna; qui è preferibile ricordare solo l’intrigante teorema di Bell in meccanica quantistica. Egli teorizza la sopravvivenza di connessioni più o meno evidenti tra corpi che si sono separati dopo essere stati in stretto contatto tra di loro.
Quel loro antico rancore aveva infine preso forma e lui aveva rischiato di venirne schiacciato.
Le rivide esattamente il tredici giugno, per la ricorrenza di Sant’Antonio; erano ospiti in una comunità gestita dai religiosi e le loro parole, lanciate come pietre oltre l’inferriata, lo ferivano rivelandogli la loro decisione di abbandonare la sua casa per sempre. La sua compagna, la sua metà, pareva essersi dissolta, il sogno più bello svanito e, se i primi dieci giorni trascorsi alla loro ricerca furono segnati da una terribile angoscia per la loro sorte, i seguenti gli tolsero quasi tutte le sue lacrime.
“Dopo il dì d’Antonio il Santo inizierà il Gran Pianto vedrai se son mendace…”
“Dopo il dì di Sant’Antonio si vedrà l’orrendo encomio si vedrà che son verace nel predir l’ardente face; si vedrà come ben doma diverrà la sporca Roma.” Padre Bartolomeo da Saluzzo † A. D. 1605
Nel secondo passaggio si legge che è previsto un apprezzamento riguardo qualcuno o qualcosa, e anche per questo vaticino è possibile trovare una collocazione adeguata nel contesto della nostra storia. L’inserimento nel racconto di questa curiosa previsione sarà più accurato se si effettua un suo ulteriore accostamento con ciò che S. Francesco di Paola scrisse nel lontano 1482: “Sarà il fondatore di una nuova Religione, differente da tutte le altre, in essa si avranno tre ordini, Cavalieri in Armi, Sacerdoti meditanti in solitudine e Ospitalieri piissimi…”
La sentenza nella causa di separazione lo condannava al rilascio dell’alloggio e dava mandato alle autorità competenti di “internare” sua madre, senza che ne avesse fatto richiesta, nell’ospizio comunale per anziani il famigerato ECA di via Pascoli. Il libro era stato pubblicato da poco e Vera, la direttrice della casa di riposo, ne era venuta a conoscenza. Verso la fine di maggio passò a ritirare alcune copie presso l’editore e le consegnò una.
Quasi quotidianamente andava a trovare la madre e il “quattordici giugno” non fece eccezione. Percorreva l’ampio corridoio dell’istituto pensando al posto che avrebbe dovuto raggiungere in auto, per abbandonarsi al sonno, dopo essersi accertato delle sue condizioni.
Dalle grandi vetrate ad arco vedeva uno scorcio del piazzale, dove da bambino, in quello stesso istituto, metteva da parte ogni tristezza per abbandonarsi al gioco. Stava per cedere ai ricordi quando la voce di Vera lo riportò alla realtà: «Buongiorno, come va con la mamma?».
«Oh! Ciao Vera, abbastanza bene… grazie, continua a lamentarsi che le resta poco da vivere e questo è un ottimo segno, lo fa da quaranta anni per cui mi auguro che continui a farlo».
«Sai, con tutti gli impegni credevo proprio di non riuscire a leggerlo quel libro, fortunatamente il fine settimana è stato meno caotico e ho potuto finirlo d’un fiato, so che ci tenevi a sentire la mia opinione».
«Già, sono curioso di sapere cosa ne pensi».
«Devo dirti sinceramente la mia impressione, quello che ritengo tu abbia voluto far trovare in quelle pagine… credo che al di là del velo d’orrore che quella immagine evoca» la donna si riferiva alla poco rassicurante copertina del libro, vi era raffigurato un gargoil che ghermiva con gli artigli lo spacciatore e una siringa col suo letale veleno «Ci sia l’infinita bellezza e l’infinita bontà». “Dopo il dì di Sant’Antonio si vedrà l’orrendo encomio si vedrà che son verace nel predir…”
«Ti ringrazio, mai encomio è stato così gradito né giunto così opportuno e vorrei sdebitarmi, posso offrirti un caffè?».
«Non c’è alcun merito a dire la verità, è piacevole farlo, tutto qui! Per quanto riguarda il caffè consideralo accettato, ma sto andando in ufficio e sono in già in ritardo».
«Allora arrivederci.» «Ciao e grazie per il libro».
Accanto a questo episodio, che ricorda proprio le parole di Padre Bartolomeo da Saluzzo, vi è uno altrettanto singolare che merita di essere riportato. Esso mostra la sensibilità raggiunta dalla dirigente della casa di riposo per anziani che ospitò sua madre.
Si tratta del primo incontro con Vera, avvenne casualmente prima di una rappresentazione teatrale dedicata agli anziani ospiti. Fu uno scambio di opinioni relative allo spettacolo che diede la stura ad altre considerazioni, subito seguite da una apertura totale dalle due parti. Venti minuti più tardi, al termine del nostro colloquio, Vera lo sorprese con la sua commozione.
Sul volto, che ora celava l’austera bellezza di un tempo, alcune lacrime erano apparse: «Cosa succede? Che ho fatto? Ho forse detto qualche cazzata?» Chiese con disappunto.
«No! No! Sono felice, sono straordinariamente felice di parlare con chi può capire, di sentire le parole che ho finalmente sentito».
«Posso dire altrettanto» mormorò sollevato «e devo aggiungere che ne avevo bisogno. Veder apprezzare certe cose ti fa ritrovare la fiducia negli esseri umani».
L’abbraccio di commiato legittimò le loro impressioni e per lungo tempo trasse forza dal modo col quale aveva manifestato il suo apprezzamento per la sua opera.
È stato opportuno ricordare quel casuale incontro prima di porre all’attenzione del lettore alcune considerazioni. Il libro ha ricevuto, in quella e in seguito in tante altre occasioni, un plauso sincero ma non proprio inaspettato; come si vedrà più avanti, le autorità civili e religiose invece, lo hanno subdolamente boicottato. Dobbiamo poi considerare che, Ufficialmente il bene e la legalità, sono prerogativa dei poteri costituiti, e la categoria di Ospitalieri piissimi dunque, quelli indicati da S. Francesco di Paola, dovrebbe trovarsi dalla parte delle istituzioni. Al contrario, quelle figure profondamente altruiste, divengono promotrici di organizzazioni non governative.
Da ultimo, vanno indicati i segni che molti accoglieranno con un ghigno di scherno: quei segni sono costituiti dagli oppressi che impugnano le armi e si immolano, dagli scrittori come David Icke, da Assange e dalle anime pie che sostengono i diseredati del mondo, essi rappresentano semplicemente la falce che Lui sta affilando. Uno strumento che non ha alcuna colpa della traiettoria compiuta per recidere, né volontà di nuocere ha la sua lama affilata perché, la mano che l’impugna, lo fa con amore.
Tornando alle ragioni che spinsero sua moglie a chiedere la separazione, può giustificarsi dicendo che doveva percorrere questa strada. Ogni gesto eclatante, ogni pensiero profondo e la determinazione a procedere imperterrito, verso la realizzazione di un Progetto che con onestà intellettuale riconosceva “quasi irrealizzabile”, non era guidato da un processo istintivo ma dalla simbolica figura di un Padre.
Se lo si accusa dunque, si accusa il Padre suo e nel contempo quello di ognuno di voi.
Per la sua sposa questo potrà essere un modo estremamente elegante nel declinare le sue responsabilità. Lo sarà, finché l’odio che afferma di nutrire per lui accecherà la sua anima. La ragione di tanto odio risiede nel fatto che si è presentato a lei come la via irta di ostacoli, di sacrifici, che richiede il massimo impegno e la costante dedizione. Un particolare del quale non è pienamente consapevole è quello di aver scelto lei come palestra per temprare la sua anima.
In realtà è per tale motivo che alla sua famiglia riesce tanto difficile seguirlo. Il suo timore di perderle è quello del pastore che attende alle sue pecore e il suo desiderio di padre esige che fortifichino l’anima. Questo affinché siano in grado di superare le difficoltà che incontreranno lungo la via del ritorno a casa.
Vuole continuare a credere che, grazie a l’insegnamento che ha trasmesso ai loro animi, tra non molto sapranno apprezzare l’imparzialità di cui ha dato prova e se non si attengono ai suoi consigli non toglie, né vorrà togliere, gli impedimenti in quanto esse sono carne della sua carne.
“Quando si diventa consapevoli che l’Amore è noi, si scopre d’essere la gioia più intensa per chi è oggetto del nostro amore, ma, qualora sia necessario a l’innalzamento di chi amiamo, sappiamo divenire inevitabilmente il dolore più intenso. Queste ultime saranno le sole parole che potranno giustificare pienamente il suo operato e ridare vita a metà della sua anima”.
“Un profeta non è privo di onore se non nel suo territorio e fra i suoi parenti e nella sua casa.” Matteo. 12/57
Si è parlato di ostacolo, esso può rivestire molteplici forme, può manifestarsi sotto l’aspetto d’un orgoglio caparbio, sordo, come nel caso della sua compagna, al suo dharma di madre e di sposa. L’impedimento, infine, può concretizzarsi agli occhi delle sue figlie, come una idea generata dalla loro stessa mente, di non esser più amate né considerate come tali dal loro padre.
Questo è il terribile effetto di una azione sconsiderata: aver scordato di onorare chi richiamò in loro la vita. Amandole da sempre, rivendica il diritto-dovere di condurle per mano perché possano, nel momento più opportuno, intraprendere da sole il volo verso il Trascendente.
Ai loro occhi e non solo, l’errore più grande che gli viene addebitato, sembra quello di voler imporre il suo volere. Per contestare tale accusa, si ripropone ciò che già dalle prime pagine viene chiesto a chi vuole compiere un balzo nel trascendente: Conoscete la vostra meta? La volontà di raggiungerla è presente? Se c’è l’intenzione, è controproducente permettere alla vostra mente di interferire.
La Natura, facendo ricorso a elementi casuali, come a esempio un padre fuori dagli schemi attualmente accettati, provvede che quanto dallo Spirito è voluto… immancabilmente accada!
Si è detto che il nostro Scriba non sia solo la foglia che cade, ma che sappia identificarsi con la natura stessa, e in lei non c’è né bene né male. Nel caso si accetti che lui rappresenti la Via, se oltre alla sua sposa e i suoi figli, altri giungono a odiarlo, che ne sarà di loro? È possibile odiare la Via?… È sicuro che lo sia ma è altrettanto certo che non non sia cosa saggia come è da stolti rivolgere il proprio odio verso gli ostacoli posti su di essa; sta scritto da secoli il saggio consiglio di amare i propri nemici qualunque forma assumano.
Non si deve odiare alcuna cosa vivente, per una ragione ben precisa, altrimenti quel sentimento bruciante acceca e rende impossibile cercare chi può riflettere il nostro aspetto divino. Il dovere di un padre, anche davanti a questa situazione, è quello di togliere amorevolmente e con saggezza chi si pone tra quel punto, che va mantenuto luminoso e lo sguardo delle sue bimbe.
La guerra era iniziata molto tempo prima, aveva perduto innumerevoli battaglie, ma quella decisiva, intrapresa già da due interminabili anni, l’avrebbe vinta. Come? Grazie a dei particolari tenuti a lungo nascosti. Essi avrebbero permesso di capire quel mistero escatologico che si svela ricorrendo al significato che aveva scelto per esso: “Piano segreto di guerra di Dio”.
Nel frattempo, il solo conforto lo trovava al pensiero del Padre che, al pari di lui, udiva le trombe dell’Apocalisse. Voleva rimanere il luminoso Punto di riferimento per tutte le anime; per quelle nobili e per quelle che lo erano meno ma per continuare a esserlo, avrebbe istruito chi tentava di impedirlo. Così la consapevolezza della reale esistenza di quel Punto di riferimento, al centro di un Disegno Intelligente, sarebbe stata totale.
Si rivelò inutile ogni tentativo di indurla a ragionare, di farle capire chi traeva vantaggio da quella incomprensione, lei la viveva come uno scontro tra loro e, per l’ennesima volta, la saggezza millenaria trovava conferma: “Non c’era peggior sordo di chi non voleva sentire”. A quel punto continuarono a percorrere la loro strada senza poter più contare su l’aiuto dell’altro. Ora sarebbero tornati alla carica elementi contigui agli stessi personaggi misteriosi che alcuni anni prima avevano minacciato la direttrice dell’asilo di Giada e suggerito a un certo Antonio, un amico di Leo, di incastrarlo vendendogli un’arma o facendosela consegnare.
Non doveva farsi trovare impreparato. Lo scontro, a partire da quel momento, si sarebbe fatto sempre più duro. Tony, quando gli fecero quella proposta, aveva con sé una copia del suo primo manoscritto; fu per caso che decise di informarlo delle loro intenzioni? O si tratta del modo occulto di mantenere quella antica promessa: “Egli non verrà meno e non sarà abbattuto finché abbia stabilito la Giustizia sulla terra”.
Quella di Tony è una storia ormai lontana nel tempo e lui non potrebbe ripeterla… il suo “suicidio” è purtroppo riuscito.
Gli attacchi più violenti furono sferrati durante una fase critica, anche se poco appariscente, della sua contrapposizione alle leggi innaturali che ogni Stato promulga. Quei colpi erano il chiaro segno che una Entità perfida e astuta stava agendo in segreto. Dovendo servirsi di chi rappresenta le pulsioni più oscure, per colpire chi agisce alla luce del sole, scelse proprio l’individuo che gli confidò di credersi l’Anticristo.
Uno dei tanti indizi relativi al coinvolgimento, di quella squallida figura, in un piano per annientarlo, fu fornito come al solito dal caso. Quella mattina si trovava in centro città e mentre passava per via Mazzini, notò una persona sulla porta di un bar che rivolgeva un cenno di saluto nella sua direzione. Guardando con più attenzione riconobbe la compagna di Leo, una donna energica che incontrava a distanza di anni. “Pare che per lei il tempo non scorra proprio” pensò attraversando la strada per entrare nel locale.
«Ciao! Come va? Leo non c’è?».
«Purtroppo no, ma spero ritorni presto dalle “ferie forzate”..»
«Mi spiace, salutamelo appena lo vedi».
La donna annuì girandosi per preparare il caffè che aveva richiesto. Dopo qualche scambio di battute, accennò ai suoi problemi con la famiglia e il dialogo scivolò in modo imprevedibile verso un curioso episodio di cui era completamente ignaro.
«Devi sapere cosa accadde il giorno che tornammo assieme dalla Jugoslavia. Lungo la strada ci avvertirono che eravamo attesi, ma lui… – strinse con forza la tazzina tra le mani, e lasciò passare alcuni istanti prima di riprendere a parlare – stranamente non volle lasciarmi scendere e mi portò fin sotto casa.
Quando l’auto si arrestò ci circondarono e fui fermata sul posto. Non mi persero di vista neppure per un istante per cinque ore. Alla fine, dopo esser stata perquisita, venni arrestata. A lui però permisero di allontanarsi con la macchina senza sottoporlo ad alcun controllo».
Ora gli era finalmente chiaro dove si fosse diretto quella sera chi si era proclamato l’Anticristo. A Borgo, per liberarsi dell’unico ostacolo che gli impediva di mettere le unghie sulla piccola somma di denaro che aveva pazientemente messo da parte per le sue bambine. Tra le tante persone inconsapevoli di obbedire a piani così sottili da apparire diabolici, che fornirono un valido aiuto a quel Mostro astratto, alcune, con una laurea alle spalle e operanti nel sociale, consigliarono sua moglie di farlo esorcizzare. Altre suggerirono di denunciarlo per ogni parola che avesse ritenuto offensiva, e infine ci fu chi, si suppone dall’alto della propria cattedra in psicologia, dichiarò che era certamente pazzo.
I fronti che si aprivano erano tanti dunque e tutti particolarmente temibili. A chi suggerì di farlo esorcizzare, avrebbe in seguito risposto con le parole di quella figura femminile che sarebbe giunta per scrivere le pagine rimaste bianche.
Il suo nome è Daniela, dopo i primi incontri, quando iniziò a confidarsi con lei, trovò subito una ironica risposta ai loro timori per la sua anima: «Perché si teme che tu sia l’incarnazione del Male, possibile ci sia ancora qualcuno così superstizioso da credere all’esistenza del Diavolo?».
A chi consigliava di denunciarlo per le offese, avrebbe rivelato ciò che da vent’anni prima aveva espressamente raccomandato a sua moglie: «Devo avvisarti che un giorno mi rivolgerò a te con parole o azioni che da tutti sono considerate come delle offese. Tu non dovrai mai credere che lo scopo sia quello di umiliarti e ferirti, saranno solo finalizzate a scolpire più profondamente nel tuo animo i miei consigli. Il Maestro Zen usa sovente percuotere il proprio discepolo con una verga di bambù ma io con te non posso farlo… sei la mia metà».
Da ultimo, a quanti le diagnosticarono la sua follia, avrebbe fatto notare che ben difficilmente una persona, priva di senno, poteva intuire che da lì a poco avrebbero violato la sua casa nonostante il sofisticato sistema d’allarme. Ancora più insolito, che un folle come lui, per individuare a posteriori i responsabili di un furto non ancora subito, confidasse a quel personaggio che mostrò di credersi l’Anticristo, qual’era il solo punto da cui accedere, senza particolari difficoltà, dentro la sua casa. Il solo varco era la finestra della veranda, scomoda e pericolosa da raggiungere e visibile dalla strada ma, contrariamente agli altri serramenti, facile da forzare.
Forse la millenaria saggezza sbaglia dicendo che sarebbe venuto il tempo in cui i saggi sarebbero stati considerati pazzi e i pazzi saggi?
Puntualmente, la sera che portò le bambine e la mamma al ristorante cinese, l’ultima a uscire scordò di inserire l’allarme… e, manco a dirlo, scardinarono proprio… la finestra della veranda.
Peccato che i soliti ignoti abbiano dovuto affannarsi tanto… a meno di due metri dalla veranda, in un punto non visibile dall’esterno, aveva per caso lasciato aperta la porta della cantina. Essendo situata al riparo da sguardi indiscreti, quei “malviventi” denotarono ben poca professionalità scegliendo quel percorso pericoloso e così esposto.
Quella strana scelta però, portava a una ipotesi curiosa: erano forse a conoscenza che quella porta, in apparenza vulnerabile, fosse in realtà provvista di vetro antisfondamento e cerniere interne anti scasso? Se la sua intuizione era corretta, chi mai li aveva edotti al riguardo? E perché qualcuno telefonò alla casa accanto proprio in quel momento? Semplicemente un caso o piuttosto per tenere impegnata al telefono la vicina di casa e impedirle di vedere o sentire qualcosa di sospetto?
A parte il magro bottino, quella sera i “ladri” dovevano godere di qualche protezione; una pattuglia dell’Arma, aveva sostato per circa venti minuti davanti al bar Heminghway, sul lato opposto della strada, a una trentina di metri dalla scena del fatto. Malgrado la breve distanza i militari non notarono nulla e, quando furono avvertiti via radio del furto, non realizzarono di trovarsi praticamente sul luogo dell’effrazione. Rimangono ancora altri lati oscuri relativi a quella vicenda; Tarzan era ben noto ai militi della caserma di Borgo, sia per i frequenti rapporti, leggi interventi, interrogatori e altro, e, non da meno, anche per le sue insolite vicende giudiziarie; dunque è poco credibile che, in quella circostanza, abbiano potuto scordare dove abitava.
Insolite vicende, appunto, poiché capita raramente che un Tribunale pronunci, come nel suo caso, una sentenza così singolare: “In nome del Popolo Italiano, visti gli articoli ecc… si assolve l’imputato perché, a meno di ritenerlo un essere dotato di capacità diaboliche, non può essere lui l’autore dei fatti contestatigli”.
Anche quei “ladri” erano stati protetti, infatti, al loro rientro, constatata senza eccessivo sgomento l’intrusione, telefonò ai carabinieri per avvertirli dell’accaduto.
Inspiegabilmente, la macchina di pattuglia, lo scoprì in seguito, scese molto lentamente in direzione della sua casa, passò accanto sul retro, fece prima un inutile giro di tutto Borgo San Sergio per tornare al punto di partenza e giungere alla fine davanti al suo cancello aperto.
Nel frattempo erano usciti in giardino per attendere il loro arrivo e notò Tony con la bambina che stava rientrando.
«Ciao! Ho avuto visite sgradite mentre ero al ristorante».
«Ciao! Cosa è successo? Perché siete tutti fuori dalla porta?».
«Per fortuna niente di grave, però sono riusciti a rubare».
«Accidenti chi poteva immaginarlo?».
«Immaginare cosa?» domandò mettendo in allarme tutti i suoi sensi. «Hai visto qualcuno?».
«Sono uscito poco dopo di voi e vicino ai contenitori della spazzatura ho notato due tipi che mi hanno insospettito per il loro atteggiamento. Uno guardava insistentemente l’interno del tuo giardino, l’altro invece stava di spalle e sembrava tenesse d’occhio i ragazzi fuori dal bar. Non sono intervenuto perché non avevo l’autorità per farlo e se mi sbagliavo avrebbero potuto rispondermi di andare a quel paese. Per evitare casini ho preferito lasciar perdere, devi scusarmi…».
Non lo lasciò proseguire. L’intuito gli suggerì improvvisamente chi fossero i ladri e lo disse. Tony si mostrò profondamente stupito: «Ma stai scherzando? Come puoi solo pensarlo?».
«Sono al corrente del fatto che qualcuno conosce parte di un Piano che sto attuando da tempo, non te ne ho mai parlato e certo non è questo il momento più adatto per farlo».
L’uomo rimase in silenzio, per cui pensò di dover continuare a fornirgli uno straccio di spiegazione.
«Secondo qualcuno questa attività, al di fuori del loro controllo, può rappresentare un pericolo per le Istituzioni e questo deve risultare inaccettabile. Si sentono legittimati ad agire come meglio credono per fermarmi… – respirò profondamente e diede l’affondo – anche simulando un furto. Oggi può sembrarti incredibile che si possa arrivare a tanto, ma non è lontano il giorno che queste operazioni saranno disciplinate per legge così da permettere sonni tranquilli a chi le compie».
Tony borbottò qualcosa come se volesse aggiungere dell’altro, ma poi, scosse la testa e si diresse verso casa assieme alla piccola.
Erano troppe le domande che i due carabinieri ponevano loro, rimanendo tranquillamente seduti in vettura; sapere in quale locale eravamo stati non era di alcuna utilità, era uno strano modo di operare in quella situazione. Cercò inutilmente di spiegarselo pensando che, grazie alla tecnologia, ogni informazione utile a individuare i responsabili del “furto” si poteva divulgare rapidamente.
La sensazione che volessero evitare di entrare dentro l’appartamento si rafforzò quando, al suo ennesimo invito di sottoporre a verifica i locali, chiesero nuovamente l’indirizzo del ristorante cinese e spiegarono che prima di procedere con ulteriori accertamenti, avrebbero dovuto effettuare una telefonata di “controllo”.
Il mattino seguente compilava la lista di tutto il materiale trafugato. Mancavano due orologi da polso, due macchine fotografiche, due telecamere… già! Guardò la grossa valigia della videocamera professionale e l’afferrò rabbiosamente per lanciarla tra l’erba in mezzo al giardino.
«Carmela, non toglierla da lì per nessuna ragione, anche se dovessero passare dei mesi non dovrai toccarla – urlò con foga – lasciala così, bene in vista, perché chi passerà davanti a questa casa possa chiedersi che diavolo ci fa quel coso tra l’erba. Sono certo che un giorno la telecamera che hanno rubato tornerà in quella valigia, e io ve la lascio sotto gli occhi di tutti appunto per questo, perché si sappia che l’avevo previsto».
Lei andò sulla soglia di casa e rimase alcuni istanti a fissare il grosso contenitore di plastica grigia; certamente pensò trattarsi di un suo gesto irrazionale, perché richiuse la porta senza parlare e si allontanò. Poche settimane più tardi, la distanza tra loro era divenuta incolmabile.
Nel bar Hemingway la nebbia delle sigarette rendeva come al solito tutto più evanescente anche di primo mattino. Un caffè caldo e uno sguardo al giornale, dopo aver passato la notte nella scomoda Punto, riusciva a farlo scordare che, per l’ennesima volta degli agenti, puntandogli diligentemente la pistola in faccia, avevano interrotto il suo riposo.
Un acuto dolore alla spalla lo fece distribuire il contenuto della bustina di zucchero proprio sulla foto a corredo dell’articolo. “È curioso, ma pare che sepolta sotto questa nevicata di zucchero ci sia proprio la telecamera professionale sparita da quasi due anni”.
Guardò con attenzione dopo aver ripulito e non c’era alcun dubbio, si trattava della stessa, e sullo sfondo stava la HI-8 amatoriale. Ultimata la lettura, considerò che le modalità del ritrovamento erano perlomeno strane. Due settimane più tardi ritirò gli oggetti presso l’ufficio preposto e, subito dopo, la sua destinazione fu il teatro dell’operazione di recupero.
Era una palazzina di tre piani, poco lontana dal centro di Opicina, un paese dell’altipiano. Suonò e una donna con l’accento slavo venne ad aprire. Tra le pieghe della gonna un bambino che si reggeva in piedi a stento e, alle sue spalle, un uomo robusto sulla quarantina.
«Vorrei presentarmi, sono venuto per farle delle domande ma innanzitutto devo dirle che non voglio debba passare dei guai a causa delle videocamere trovate nella sua cantina, non intendo chiedere il risarcimento dei danni subiti, ma solo avere alcuni chiarimenti. Ne sono il proprietario e…»
Non lo lasciarono continuare né simularono lo spavento.
«Senta quello che io dico, io giuro e anche lei mia donna giura che quella cosa in mia cantina non è mai stata. Mi hanno messo roba rubata per farmi pagare a me».
«Chi crede sia stato?»
«Non posso sapere sicuro, non so capire».
«Non ha litigato con nessuno ultimamente?».
«No! No! Io lavoro in Trieste, fa solo muratore».
Rimase qualche attimo indeciso poi, stringendo nervosamente i pugni, proseguì: «A me tre di miei amici che rubano, quasi un anno fa passato mi dicevano che io dovrò pagare loro tre perché non ho prestato soldi per avvocato».
Sembrava esile come movente, ma non aveva niente da perdere se frugava più a fondo.
«Dove li posso trovare?».
«Non so, tutti tre tornati in Serbia, perché polizia arrestato un anno fa tutti e tre. Io penso che loro arrabbiati con me per soldi di avvocato e allora mandato amico suo con cineprese e con chiave di mia cantina che loro tenevano».
Con sollievo pensò che non sarebbe stato necessario seguire la lunga pista che portava fino a un villaggio della Serbia.
«Avrei ancora una domanda prima di togliere il disturbo, vorrei sapere se le sue chiavi, intendo quelle della cantina, erano in loro possesso quando furono arrestati dalla polizia».
«Si! Perché noi amici fino a quel momento».
Sembrava non ci fosse altro da chiedere, salutò i due che lasciavano ancora percepire il loro timore e tornò alla moto per scendere in città.
Lungo la strada memorizzava ogni dato ricevuto e li comparava con quelli già in suo possesso. Gli elementi di cui disponeva indicavano una sola ipotesi credibile: il furto era stato organizzato con cura da una organizzazione molto agguerrita. Dei comuni ladri, senza doti di preveggenza, non conservano la refurtiva per quasi due anni allo scopo di vendicarsi di chi, in futuro, si poteva rifiutare di prestar loro dei soldi per l’avvocato. Vendendo la telecamera si sarebbero procurati il denaro, che in seguito sarebbe loro servito, con un rischio molto minore.
Era molto più probabile l’ipotesi che stava delineandosi: i soliti “ignoti” volevano capire a quale progetto potesse servire la telecamera e l’unico modo per scoprirlo, era quello di farla tornare in suo possesso.
Gli venne alla mente che pochi giorni dopo aver subito il furto si era recato al bar Hemingway, sopra al banco aveva posato una mazzetta di banconote. «Signori, per cortesia, un attimo di attenzione: ci sono dieci milioni a disposizione di chi fornirà un indizio che mi permetta di risalire agli autori del furto».
Il tono, con enfasi forse eccessiva, faceva apparire quel gesto come il disperato tentativo di recuperare gli oggetti sottratti.
Attese che la loro attenzione venisse catturata dal mazzo di banconote e, senza badare ai loro commenti inopportuni, aggiunse che l’aver violato la sua casa era un affronto che sarebbe stato verrà lavato col sangue. Quella insolita dichiarazione di guerra si concluse con una promessa: “Se il caso porta il libro al successo, sul banco dell’Heminghway poserò cento milioni“. Con quella mossa, dava l’opportunità a qualcuno di segnalare ai “soliti ignoti” la sua intenzione di colpire gli autori del furto.
La segretaria dell’editore digitò il numero nervosamente: «Pronto… parlo col signor…» «Si!… Dica pure».
«Sono Manuela, potrebbe gentilmente passare in ufficio?».
«Certo, quando?» «Il più presto possibile, non ho ben capito ma riguarda la presentazione del libro; può venire questa sera per le sette e trenta prima della chiusura?» «Ci conti».
Le prime ombre stavano calando quando scese la ripida scala di ferro guardando l’orologio. Accidenti!… Sono arrivato con un’ora d’anticipo. Dal piccolo locale, sempre stracolmo di libri, uscivano le voci di alcuni uomini. Risalì la scala di ferro, furioso ma rassegnato a tornare più tardi. Allontanandosi dalla rampa notò per caso i tre uomini che uscivano.
Un’ironica considerazione balenò nella mente: quei tipi sembravano piuttosto i soliti “ignoti” che dei classici rappresentanti di libri e questo lo fece sorridere. Passando davanti alla vetrata della libreria scorse Manuela intenta a servire uno studente.
«Salve! Sono in leggero anticipo a quanto pare, ha saputo qualcosa di più riguardo la data della presentazione?».
«Buonasera, devo darle una brutta notizia, hanno telefonato dalla Camera di Commercio per avvisare che non possiamo presentare il libro in occasione della fiera, sono stati indotti a chiamarci dagli organizzatori della Gutenberg».
«Sarebbero?».
«Chi gli ha contattati è stata la direttrice della biblioteca civica».
«Il motivo?» «Non sanno o non vogliono dirlo, ho insistito ma hanno risposto evasivi. Dicono che il vicesindaco, il quale è anche assessore alla cultura, si sia rivolto alla biblioteca centrale perché il libro non è in linea con la politica culturale del Comune e dunque -Erieder-, in piazza Unità non dovremo portarlo. Ha precisato che nel caso l’editore si ostinasse a inserirlo nel calendario delle manifestazioni, può star certo che alla Gutenberg non ci sarà posto per lui».
Era una situazione strana, e lo fu ancora di più in seguito, quando, incontrato casualmente il vicesindaco, constatò di persona che lui era completamente ignaro del veto, posto dal Comune, alla presentazione del libro -Erieder-.
Dunque era logico chiedersi chi poteva aver suggerito di ostacolare il libro, anche se appariva probabile che si trattasse proprio degli autori del furto. Bloccandone la diffusione si poteva star certi che i cento milioni non sarebbero mai stati posti sul banco di granito del bar Hemingway.
Mostrando di poter influire sulle scelte compiute dai politici, relativamente ai prodotti “non in linea con le politiche culturali”, i “ladri” lasciavano incautamente intendere di essere i “consiglieri” della direttrice dell’asilo e di aver dato i loro “suggerimenti” anche all’editore della prima edizione.
La conferma per questa ultima ipotesi si palesò dopo una lunga serie di rinvii. Il titolare della casa editrice, li motivò con argomenti pretestuosi, in seguito, si giustificò per l’intollerabile ritardo, attribuendolo a un incendio nella tipografia di cui si serviva.
Più testardo di un mulo, lo Scriba, con un giro di parole, gli fece capire che non gli avrebbe concesso altre dilazioni né alternative; a quel punto l’editore assicurò che non ci sarebbero stati ulteriori ritardi, il libro sarebbe stato pronto in tempo per la prima udienza del processo che lo attendeva.
Oggi, leggendo la seconda versione del Terzo Testamento titolata -Erieder -, si possono notare gli oltre duemilacinquecento errori di spaziatura e altro, in sole 243 pagine. Questo rende improponibile la stampa di un libro carente dei requisiti più elementari; mentre inaccettabile è la giustificazione adottata per l’ultimo rinvio: la menzogna dell’incendio alla tipografia, un evento in realtà mai accaduto. Fu uno strano modo di agire, che trova una possibile spiegazione solo nel caso che i soliti “ignoti” abbiano “consigliato” anche l’editore.
A ogni modo, l’impegno per sabotare un’opera letteraria con lo scopo di proteggere gli autori del furto che aveva subito, appariva eccessivo; quindi andava cercata e provata l’esistenza di una ragione occulta.
Quel motivo nascosto si sarebbe potuto scoprire analizzando gli eventi, inseriti nella straordinaria trama di questo racconto, che possono costituire un potenziale pericolo per alcune istituzioni. È probabile che, terminate le riflessioni la risposta sia concorde: hanno voluto impedire che il sogno racchiuso in queste pagine, intuito con tanta chiarezza dal critico letterario del quotidiano locale, venga condiviso da altri. Una possibilità da non escludere, se si pensa pensiamo ai più assurdi progetti, come quelli di alcune sette votate al suicidio di massa, che hanno la capacità di assurgere a vita propria se, chi propone incubi infernali, li fa sembrare simili a sogni celestiali.
È certamente merito della persona rivelatasi in grado di riempire i fogli che, come si ricorderà aveva lasciato bianchi, se si presentarono nuovi indizi che confermavano i sospetti sugli “ignoti” dediti a ostacolare il Progetto che aveva in mente. Quella figura, che sarebbe passata inosservata sotto lo sguardo più attento, era destinata a divenire l’interprete femminile più importante del decimo capitolo, la matrice di quella parte decisamente più esoterica.
Fu la sola a offrirgli ospitalità quando le confidò che da alcuni anni dormiva sul ciglio di una strada.
Passò poco tempo dal loro incontro, e già si condivideva ogni ora del giorno e della notte. Ogni istante era vissuto pienamente e ricavava un’infinità di informazioni utili. Doveva esser certo che potesse collaborare alla sua Opera, e a lei doveva apparire chiaro il compito che stava per assumersi. Da quando era suo ospite a S. Giacomo, al mattino si andava a bere il caffè in bar Galleria e, come al solito, lanciava con frequenza uno sguardo verso l’auto in doppia fila.
Quel giorno si rivelò particolare, altre importanti tessere si aggiunsero a quelle di cui già poteva disporre per sostenere la possibilità che l’attacco a cui era sottoposto partisse da tre fronti.
Valutò che il primo veniva sferrato dalla sua famiglia, e riguardava i ruoli che l’uomo e la donna stanno scordando. Nel suo caso veniva rigettata la funzione di padre e capofamiglia; nello specifico, quel compito necessario e insostituibile, di porre dei paletti. Una attività, tra le più impegnative da svolgere dentro il nucleo familiare, che mira a evitare ai figli di perdersi lungo la via.
Il secondo attacco veniva sferrato dalle Autorità. Era finalizzato a distruggere chi attentava al Sistema, divulgando il progetto di una Umanità libera da ogni forma di coercizione e capace, per la prima volta nella sua lunga storia, di agire di concerto col trascendente.
Il terzo e ultimo, impossibile da arrestare senza la disponibilità di un’arma spirituale, o sincronica, era coordinato, al pari degli altri due, da un’Entità in grado di instaurare invisibili ma efficaci collegamenti tra gli eventi casuali e le persone propense a ostacolare il suo Piano. Essa riusciva a farlo con cronometrica precisione.
L’uomo privo di consapevolezza è inerme davanti a quel sincronismo che appare finalizzato a perseguire di volta in volta il Male; egli può solo ascoltare il suo istinto e la sua volontà che gli suggerisce di combatterlo. Solo a pochi essa appare nella sua vera forma, è in realtà nient’altro che uno degli infiniti aspetti di Dio, è la stessa Energia di cui anche lui dispone e alla quale, chiunque sia consapevole della sua esistenza, può attingere. Essa rende possibile ciò che a molti è ancora incomprensibile: il Lyla, il gioco trascendente tra il bene e il male, quello tra la gioia e il dolore, l’unico gioco che, essendo perfettamente equidistante, risulti perfetto.
Ora di questo gioco vale la pena parlarne per comprenderlo meglio. Esso è simile a uno spettacolo cinematografico, un film che può trattare la paura, l’orrore e altro. Dovremmo evitarlo, eppure, consapevoli che si tratti di finzione, ci coinvolge divertendoci. La realtà che troviamo uscendo da una sala cinematografica, è in verità identica e, qualora la consapevolezza ci informi che la suddetta realtà è teorica, siamo pronti per assaporare l’estasi del nuovo spettacolo.
Così l’Uno, alle sue infinite peculiarità, aggiunge quella di scindersi in due fazioni che, da tempo immemorabile, si fronteggiano per il “controllo“ della Realtà. Un controllo che a sua volta presenta caratteri opposti: il primo si espande da l’uno all’altro e si preserva con l’amore, il secondo, accentratore, va raggiunto e conservato col terrore.
Per comprendere come sia possibile che la medesima energia scateni forze così diverse, si pensi a una astratta predisposizione comune a tutti gli esseri umani; si tratta del desiderio di raggiungere e mantenere la felicità. Continuamente affiora dal subconscio uno stimolo innato che si può chiamare convenzionalmente energia; quando questa attraversa la mente di chi dispone di beni in abbondanza, lo porta a chiedersi come continuare a goderne il più a lungo possibile.
Lo stesso risultato si ha in chi è padrone solo della sua disperazione, egli si domanda come uscire da quella situazione, raggiungere qualche forma di felicità e gioirne continuamente. Gli Illuminati, in realtà dei pensatori eccelsi, di cui molto si è scritto, soprattutto negli ultimi due secoli riguardo al loro sogno di instaurare un Nuovo Ordine Mondiale, sono a loro volta suddivisi in due schieramenti contrapposti.
Essi operano spinti dalla stessa energia con lo scopo di realizzare un Progetto che, al suo compimento, assicuri l’appagamento totale.
I vertici delle due fazioni, consapevoli che le strade per giungere alla meta estatica divergono completamente, sanno che chi segue la via della mano destra, così chiamata semplicemente per distinguerla dall’altra, la contempla nel suo Terrificante aspetto. Seguendo l’altro percorso, appare come il Giardino di Dio.
La differenza sostanziale tra i due schieramenti dunque, è semplicemente il tragitto e il modo per raggiungere l’obiettivo finale: per tutti l’identica estasi. Questa concezione va spiegata con cura in modo che in seguito non sorgano equivoci. C’è da tener presente innanzitutto come ciò che si immagina perfetto, non sia tale se carente di una sola qualità o di un singolo elemento. È evidente che alla meta perfetta corrisponda un percorso altrettanto impeccabile; un sentiero che preveda ogni genere di esperienza senza alcuna preclusione, altrimenti, quel percorso si rivelerebbe incompleto e dunque verrebbe considerato carente.
Si può anche dire che un uomo, dalle capacità economiche notevoli, qualora intenda accrescere il suo potere e i benefici che da questo derivano, calpestando le necessità degli altri, è indubbio che possa comunque godere degli utili accumulati. L’altra via, a cui si fa riferimento, è quella che indica la condivisione, essa viene scelta dopo aver realizzato che, per giungere alla meta ambita, si debbano lasciare le proprie orme su ambedue i sentieri.
Da quanto dichiarò la direttrice dell’asilo di Giada e dalle parole di Vera, che diede prova di possedere quella straordinaria sensibilità che è caratteristica comune degli Iniziati, si può vedere che i due aspetti della stessa immagine, sono costantemente in attrito, esse rivestono pur sempre dei ruoli in ogni Istituzione, nelle associazioni e in tutte le altre componenti più o meno organizzate della società; includendo in quest’ultima anche quelle forme di socialità più primitive. Si è anche visto che i due schieramenti soggiaciono all’impalpabile attesa dei rispettivi leader e un esempio a tale proposito giunge da Seul in Corea. Nelle due torri, acquistate per ottanta milioni di dollari dai millenaristi, allo scopo di informare per tempo i loro seguaci della presenza dell’Anticristo, è stata allestita una sezione che vaglia ogni elemento e qualunque notizia lasci intendere la sua apparizione. È ragionevole supporre che nel periodo della comunicazione digitale globale, qualche Illuminato, al vertice di uno degli schieramenti, possa casualmente ricevere una rarissima copia del primo manoscritto o, fatto ancora più grave, una delle ultime versioni. Per certo si sa che una tra le prime arrivò in trentino, mentre l’altra fu portata a Roma nella sede di un alto funzionario ecclesiastico.
Lo confidò al nostro Scriba il buon Eugenio, lo straordinario conoscitore della natura umana, quello indicato dal Walsit con il nome di Fisherman, al suo ritorno da Trento. Egli raccontò che alcune persone, sicuramente della capitale, lo avevano avvicinato con un pretesto per porgli delle domande su l’autore del manoscritto che recava con sé. Disse che si mostrarono molto scettici quando dichiarò di conoscere chi l’aveva realizzato, e di aver pensato che lo scopo della loro incredulità fosse quello di indurlo a parlare dei particolari di cui era a conoscenza.
Pare oculata la scelta, fatta fin da subito per sfuggire alla tenaglia delle due organizzazioni esoteriche, di dare un quadro dell’Antilegge confuso e controverso, pur attenendosi alle indicazioni vecchie di secoli.
“Se dunque vi dicono: “Eccolo, è nel deserto”, non andate; “eccolo, è nelle stanze segrete”, non lo credete.” Matteo
A quanto pare sembra esserci riuscito egregiamente e ha potuto continuare la sua opera grazie al timore che le due fazioni, a livello inconscio, nutrono reciprocamente.
Per capire come la paura influenzi le decisioni di quelle che si possono chiamare “unità combattenti” con un basso grado di addestramento, basta riflettere sul comportamento che di solito il singolo individuo assume quando si trova nella situazione di dover agire contro o a favore di qualcuno. Egli interroga inconsciamente il suo istinto per chiedere se dal suo operato può derivargli un contrattempo o peggio.
Nel caso che interessa è accaduto spesso che delle persone abbiano ritenuto poco saggio aggredirlo perché a conoscenza del fatto che sapeva destreggiarsi con le mani. Altre volte il freno alla loro irruenza è stato rappresentato dal semplice timore di complicazioni d’ordine giudiziario. Di un tale timore, non doveva esserci traccia in chi violò la sua casa; è però possibile che, il tentativo di dare concretezza a quella figura inquietante, sia in minima parte riuscito e venga considerato potenzialmente rischioso colpirlo con più determinazione. Qualche “esaltato” che si reputa la Spada di Dio potrebbe non gradirlo e agire di conseguenza contro chi vi ha preso parte in prima persona.
Attualmente, il rischio maggiore per chi si mostrò tanto astioso verso il protagonista di questa storia, è solo lo sdegno per il loro operato. Capita di indignarsi se durante una udienza in Tribunale una avvocatessa esordisce con queste parole: “Io non so se l’uomo che abbiamo davanti è o non è l’Anticristo, ma dobbiamo fermarlo…”. Sdegno meritano anche gli articoli denigratori del quotidiano locale e quel libricino stampato dal Comune coi soldi dei contribuenti, in concomitanza con la prevista presentazione, di fatto impedita, di Erieder alla Gutenberg in piazza Unità. Quel libricino fu distribuito gratuitamente e vantava il racconto di un giornalista siciliano, giunto espressamente, che lo inseriva, bontà sua, tra i pazzi e gli strambi della città. Nella cronaca locale, si cimentavano per il Pulitzer con articoli di questo calibro: «Sono l’Anticristo», ha velatamente suggerito l’autore del libro ad amici e conoscenti. Lo hanno saputo anche alcuni giudici che dovevano processare l’uomo e che prudentemente hanno rinviato l’udienza ad altra data.
Se dare corpo ai timori ancestrali dell’uomo pare ingiustificato e fantasioso, lo è per chi non utilizza l’intuizione, poiché, questa operazione, è una sfumatura che si tinge di giallo attorno alle tessere del mosaico che sta formando; una sfumatura che ha voluto sistemare con cura perché la sua perfezione vi conquisti.
Posato al banco del bar Galleria, lanciava di tanto in tanto uno sguardo in direzione dell’auto parcheggiata, come al solito, da cani. Lasciò la tazzina e lentamente raggiunse la porta del bar. Sembrava una figura nota quella che stava attraversando la strada.
Il caso, dopo tanti anni, gli riportava tra i piedi la persona conosciuta nel carcere di Trieste. Un tipo più giovane in perenne sovrappeso ma con una intelligenza molto acuta In quel posto terribile e deprimente per chi vi soggiorna, due soli detenuti avevano assistito alla stesura di una lettera per l’allora leader del Cremlino. Lui era uno dei testimoni. L’impressione che ne aveva tratto era comunque quella di un giovane dotato di una mente sottile ma turbata da grandi incertezze. Nel corso degli anni successivi erano avvenuti alcuni incontri e, in una di queste sporadiche occasioni, gli consegnò una bozza iniziale del racconto per riceverne un giudizio. Il caso suggerì di parlare più diffusamente del suo progetto e gli confidò che aveva deciso di utilizzare la telecamera per realizzare un nastro dal contenuto esplosivo.
Doveva servire, così gli fece credere, per dare la spallata definitiva al Sistema. Qualche tempo dopo lo rivide e lui si sprecò in mille complimenti al punto da risultare un adulatore poco credibile; quella categoria di individui che la saggezza popolare impone di evitare come la peste. Il suo subdolo atteggiamento, allora, non bastò a metterlo in allarme.
Ci riuscì pienamente, quella mattina in bar Galleria, dopo la seconda birra, mentre gli confidava di sapere i nomi di chi era indagato assieme a lui, per traffico d’armi. Lo stupore era ancor più giustificato poiché, le accuse ufficiali mosse dalla sua famiglia erano già state vagliate dagli inquirenti e non avevano trovato credito.
« Ehi! Come va, è tanto che non ci si vede.»
«Ciao! Ti pensavo giusto ieri e mi chiedevo che fine avessi fatto».
«Nulla di speciale, sono riuscito a pubblicare il libro nonostante alcune resistenze e ora attendo gli sviluppi».
«Spero di avere una copia con autografo per il mio contributo alla sua realizzazione… potresti lasciarla al bar, mi conoscono e non dovrebbero esserci problemi».
«Stai tranquillo, chiunque abbia partecipato al progetto riceverà secondo le sue opere».
Sembrò colpito dal tono ironico e si avvicinò con prudenza.
«Potresti offrire una birra, – gettò uno sguardo sui presenti prima di continuare con circospezione – ho qualcosa per te che vale sicuramente di più».
Indicò un tavolino appartato e lo raggiunse con le birre.
«Di che si tratta?».
«Ho un documento che ti riguarda ma non chiedermi come sono riuscito ad averlo, non posso dirtelo e poi è probabile che tu nemmeno mi creda».
«Vediamo, lo hai con te?» «Scherzi?.. però posso portartelo tra cinque minuti, il tempo sufficiente per andare a prenderlo, abito qui vicino ora».
Indeciso se mostrarsi perplesso o simulare una intensa curiosità, optò per un atteggiamento indefinibile, se c’erano veramente delle informazioni utili, era quello che gli avrebbe consentito di ottenerle. Bevendo l’ultimo sorso di birra lo vide riapparire e chiedere di poter ordinare un’altra.
«Sono curioso di vedere la tua faccia quando capirai di che si tratta.» –sussurrò sedendosi – Prima di consegnartela però, voglio dirti anche dell’altro; non potrò rivelare come sono entrato in suo possesso né fornirti prove che quanto dirò sia vero, ma tieni presente che l’unico vantaggio sarà forse quello che ti ricreda su di me. Non mi hai tolto il saluto quando tentai di rifilarti il bidone del binocolo e per me è già tanto; solo un amico di vecchia data poteva farlo… o un Maestro».
Lo scrutò attraverso le lenti brunite per catturare la minima sfumatura di derisione ma, stranamente, per una volta sembrava completamente sincero. «Ho già scordato il tuo gesto, avevo capito da cosa eri spinto e ho potuto giustificarti».
«Ascolta senza interrompermi, ricordi l’assegno che ti è stato sottratto? È andato distrutto, sai da chi? Da una persona che conosci bene e che abita in via S. Pelagio in un appartamento con la porta di ferro».
Sorseggiò la sua seconda birra lentamente, lasciò abortire un sorriso, poi sfilò una busta dalla tasca e la posò sul tavolo.
«Devi fare molta attenzione, da parecchio tempo la polizia italiana è in contatto con gli slavi per farti marcire in qualche galera ai confini con l’Ungheria».
A quelle parole non era semplice ribattere con disinvoltura.
«Stai scherzando? Basta una birra per farti dire cazzate? Perché mai tutto questo impegno per farmi finire in carcere, e da un’altra parte del mondo poi, è illogico e non c’è ragione per farlo».
Il tipo non si scompose minimamente e continuò: «Il motivo è semplice, sei visto come un personaggio molto scomodo e carcerandoti in Italia continueresti a rimanere una figura scomoda, sei un comunicatore e un guerriero nato; non ti si può comprare… solo eliminare in modo democratico».
Rimase qualche istante in silenzio, poi, notando che non toglieva lo sguardo dalla busta, lo invitò ad aprirla. Allungò la mano e sfilò il foglio dal plico. Una rapida occhiata e poteva lasciar trasparire tutto lo stupore. Era una comunicazione giudiziaria dalla quale risultava che due persone, due perfetti sconosciuti, erano indagati entrambi per avergli procurato delle armi.
«Chi sono questi due? Chi ti ha consegnato questo? Quando?».
«Ti ho avvertito che non avrei potuto aggiungere altro; una volta sono stato massacrato di botte… da uno che aveva le spalle il doppio delle tue, e quando finì di pestarmi, mi puntò la pistola in faccia e mi avvertì che, la prossima volta, non me la sarei cavata così a buon mercato. È stato a causa tua e non vorrei che si ripetesse».
«E va bene, ti ringrazio comunque, lo conserverò con cura, è possibile che prima o poi mi capiti di conoscere quelle persone e saranno loro a spiegarmi il resto».
Uscirono dal bar e dopo una rapida stretta di mano le loro strade si separarono per sempre. Lui, seguendo la sua, due mesi dopo, arrivò fino al prato dove fu costretto a inginocchiarsi, tra i rifiuti, per ricevere una pallottola nella nuca. Il giornale locale riportò la notizia della sua morte e corredò l’articolo con l’opinione che avevano di lui nel suo ambiente: si mormorava fosse un informatore di vecchia data. Scoprirlo non fu una sorpresa e non lo era nemmeno quel casuale incontro avvenuto poco dopo quel cruento episodio.
Era seduto al tavolo di una trattoria dell’altipiano, poco distante c’era un giovane sotto i trenta anni, elegante e distinto. Senza ragione apparente si iniziò una breve conversazione, durante lo scambio di battute, egli raccontò la confidenza ricevuta alcuni giorni prima da un ufficiale di polizia, un suo stretto parente: «Hai fatto caso che gli informatori fanno tutti una brutta fine? Raramente capita che muoiano nel loro letto».
L’anonimo commensale, alla cinica considerazione del parente, aveva osservato che probabilmente si trattava di vendette a lungo covate e di esser rimasto stupito dalla precisazione ricevuta in risposta: «No! Non si tratta di vendette, semplicemente non servono più, e a quel punto divengono pericolosi».
Successivamente trovò altri indizi, sufficienti per capire chi poteva aver sparato in quella nuca. L’ultimo, alcuni anni dopo la morte dell’uomo. Il caso lo portò proprio a conoscere Gabry, una donna che contribuì a riempire alcune delle pagine del libro rimaste bianche. Lei aveva incontrato l’uomo, quindici giorni prima che morisse tra i rifiuti e, secondo il suo racconto, le era parso molto strano, sembrava paranoico… e provava un terrore folle della polizia. Il caso gli portava forse la risposta, alle domande relative a quel drammatico episodio, prima ancora che le formulasse?
Chi segue con attenzione, ma senza liberarsi completamente dei propri convincimenti, avrà notato che certe verità possono essere in aperta contraddizione con altre più comunemente accettate. Si tratta di verità temporanee, che mantengono la loro validità per un limitato periodo. Alle volte poi, sembrano in antitesi anche i pensieri del nostro Scriba.
Questa irreale contrapposizione, questo falso conflitto, accade poiché ci si immerge nel dualismo. L’Uno, l’assoluto identico, non necessita di ciò. L’Idea, che ognuno è libero di concepire come crede e quando crede, quando discende nel molteplice, è sottoposta, o meglio diventa relativa, al luogo (spazio) e al momento (tempo). Essa rimane comunque l’Idea assoluta, sebbene assuma le innumerevoli Forme conosciute : quegli aspetti mutevoli che spesso riescono a confondere.
Realizzando questa semplice verità ci si identifica con tutto l’esistente e si comprende con gioiosa meraviglia che l’idea nobile è della stessa “materia” dell’idea meschina e, qualora compaia il desiderio di assaporarne i frutti, basta semplicemente entrare nel giardino dello spazio-tempo.
Ora, si possono allontanare i saccenti; quelli che sanno sempre una riga più del libro, di qualsiasi libro. Essi lo hanno scorso pesando le parole come fossero pietre. Ebbene Sì! Troveranno tra questi fogli delle pietre d’inciampo, messe per liberarsi da chi è sempre alla ricerca di cavilli. Questo scopo lo si raggiunge anche chiedendo loro di impegnarsi a “essere il tempo”.
“Se ci si apre al tempo”, esso agisce liberamente attraverso noi tutti. Le parole, i gesti, divengono irreprimibili e spontanei, poiché sgorgano dal “tempo”, il centro dinamico di ogni essere. Tutto ciò che siamo e facciamo diventa “miracolosamente” espressione diretta della struttura interna del “tempo in se stesso“. -Tempo Spazio e Conoscenza- pag. 153
Questo processo di trasformazione potrebbe rivelarsi estremamente vantaggioso e facile, essendo sufficiente, per condurlo a termine, lo stesso impegno necessario a formare un valido artigiano. Va quindi estromessa quella frangia di persone saccenti, per riservare la domanda che segue ai ricercatori che hanno accantonato i loro preconcetti.
Sarà possibile spiazzare i “sapienti”? Si vedrà che basta il consiglio di Tarthang Tulku, per scatenare nei nozionisti, emozioni di rifiuto e smarrimento.
Solo chi sa dominarle può proseguire per poter un domani rispondere ai tanti quesiti posti tra queste righe. Uno di questi riguarda tutti gli individui che vivono sul pianeta; quanti possono sostenere di aver vissuto una situazione prevista nei secoli scorsi, con dovizia di particolari dai chiaroveggenti? Si può parlare di un numero molto esiguo, ed esso si riduce drasticamente, man mano che il numero di quelle vissute da una singola persona aumenta. Sarà superfluo chiedersi chi, tra quella ristrettissima cerchia, può enumerare tanti episodi vissuti che coincidono perfettamente con gli eventi annunciati da mistici e veggenti.
Senza il minimo orgoglio, come osservando la dimensione delle nuvole nel cielo, non attribuendo a esse alcun merito per le caratteristiche possedute, il nostro Scriba ipotizza di essere colui che è stato chiamato. Per una simile affermazione un solo dubbio è concesso: chiamato da chi?
Allo Scriba non è successo nulla di eccezionale, tra le infinite domande possibili ha fatto quella di conoscere se stesso. Risvegliandosi ha scoperto di avere in tasca un metro da falegname, un abito tutto sporco di colla per legno, dei trucioli tra i capelli e una pialla tra le mani. L’incredibile ipotesi di essere un falegname, è davvero così incredibile?
Dalla direzione del vento, dalla sua velocità e da molti altri elementi sappiamo quando possa scatenarsi la tempesta. Dopo aver trovato tanti indizi a supporto della sua ipotesi, quale sarà il modo più sensato di porsi di fronte a quanto si è scoperto? Rifiuto?… E allora rincresce dirlo, ma si dovrà attendere ancora a lungo prima di veder risplendere questo gioiello che sta sotto i vostri piedi. Ilarità? C’è da dubitarne, il riso si potrebbe trasformare in pianto. Speranza? “Chiedete e vi sarà dato” è stato scritto, e dunque, se si chiede di venire… a qualcuno…, ci si augura che lo faccia!
Come si è detto, non si deve credere alle parole ciecamente, ma munirsi d’attenzione e discernimento ben superiori a quelli necessari per attraversare un campo minato. L’unico aiuto lo si riceve da chi non ha piegato il ginocchio davanti al Vitello d’oro. Trovate quelli capaci di piegarlo dinanzi al loro servo, poiché sono i testimoni che precedono la fine del tempo, essi sono i 144.000 eletti giunti a consigliare.
In precedenza si è sostenuto che ogni cosa immaginata è, che non si può postulare nulla che già non ci sia in realtà da sempre. Si ritiene che dopo esser stati oggetto di ella vostra benevola attenzione, la realtà non sia più identificabile solo come una roccia, un pianeta o l’Universo, elementi tangibili e concreti; ma sia reale anche ciò che materiale non è. Gli elementi costitutivi della quotidianità, quelli per intenderci privi di massa, peso, colore, forma, odore, ecc… che non dovrebbero esistere secondo i canoni della fisica, interagiscono al di là di ogni dubbio con la realtà.
Si prendano a esempio questi oggetti appartenenti a un altro Universo, quali la gioia e il dolore e chiediamoci: quanto è larga e quanto pesa la gioia?… Che profumo ha e quanto sarà alto il dolore?… Ribattere a queste domande sostenendo che si tratti di reazioni chimiche a livello cerebrale, non è una risposta esauriente e neppure rende concreto ciò che, nemmeno secondo quelle ottiche obsolete, può esserlo.
Eppure la gioia e il dolore sono reali, chi può dubitarne? Infatti, per evitare di esser colpiti dalla sofferenza, si giungono a impiegare tutte le proprie risorse e, per ottenere un piacere, qualcosa che non dovrebbe esserci secondo la stessa ineccepibile logica mentale, talvolta si diviene disposti a tutto.
La Realtà dunque, affonda saldamente le sue radici in ciò che straordinariamente riesce a spezzare l’unità: il Nulla, il non concreto, l’inconoscibile. Lo si è visto per quegli oggetti, così anche ogni altra Forma può entrare a far parte dell’altro Universo e riuscirci è facile, basta crederci. Allo stesso modo, è semplice poter credere che l’esistenza di quegli oggetti non possa dipendere da una particella infinitesimale né da un pianeta e nemmeno da tutto il conosciuto.
Talvolta basta un semplice sogno perché si divenga consapevoli della contemporanea esistenza di infiniti “noi“, con pensieri, intenzioni ed emozioni diverse. Ognuno di quei noi è complementare a ogni cosa contemplata nel sogno come nella realtà; dunque, l’io inconsapevole delle sue infinite forme si manifesta e si modifica indipendentemente dal suo stato di sogno o di veglia. Questa è l’onnipotenza di Dio, la stessa onnipotenza che tutto pervade e che tutti noi possiamo manifestare.
Erieder ha parlato di testimoni, degli eletti che confermino le sue parole: per caso gli viene posta tra le mani l’opera di un seguace della Mère, la grande discepola di Aurobindo. In essa descrive una sua esperienza personale largamente sovrapponibile alla situazione inserita nel capitolo di Laura; nello specifico, il momento in cui il corpo di Franz divenne strumento inconsapevole del Trascendente e parlò per sua volontà. Ciò che segue è semplicemente una delle tante possibili verità e viene riportata, in modo chiaro ed esauriente, con le stesse parole dell’autore:
“Mi portano un giorno la fotografia di una persona completamente sconosciuta, che abita a diecimila chilometri di distanza; la guardo:… impossibile spiegare. È una totalità di percezione simultanea che ingloba tutti i livelli dell’essere… Poiché dunque era impossibile dire mentalmente alcunché alla persona che aveva portato la fotografia, improvvisamente mi sono sentito spinto a fare un gesto, un gesto assurdo, come di uno che distribuisca le carte a una partita di bridge! “Ma è precisamente il suo tic! È il gesto che fa mentre parla!” Ed è proprio così, si è dentro la persona, a diecimila chilometri di distanza, e non soltanto nella sua testa, ma nel suo corpo, con tutti i suoi tic e i suoi riflessi fisiologici…” -La nuova Specie- pag. 19
“Noi esistiamo come campi che possono amalgamarsi… abbiamo a disposizione molti modi di collegarci fra noi a distanza”. -The Ultimate Atlete- pag. 63
Nel saggio di Richard Hofstadter si legge: “La credibilità dello stile paranoide presso coloro che lo ritengono credibile, consiste, in parte notevole, nella sua apparente considerazione del particolare estremamente accurata, coscienziosa e coerente, e nella raccolta meticolosa di ciò che può servire da prova convincente per le conclusioni più fantasiose, per la preparazione accurata del grande balzo dall’innegabile all’incredibile”. -The Paranoid Style in American Politics and Other Essays- p. 37)
Questo passaggio sarà utile per non cadere nella trappola di chi, facendo propria la tesi di Richard Hofstadter, vorrebbe ridurre questa opera a un maldestro tentativo patafisico di perseguire caparbiamente un’idea.
Va considerata anche l’accusa di non voler sentire i punti di vista degli altri, per cui, non solo si eviterà di appellarsi agli uomini che intuiscono l’imminenza del cambiamento, ma si passerà passeremo a porre domande.
Oleinik (ex Vicepresidente di una delle due Camere del Parlamento Sovietico) nella sua recente opera -Il Principe delle tenebre- afferma che Reagan, Gorbaciov e Woytila sono in realtà delle pedine in mano all’Anticristo.
Esiste la possibilità di influenzare, scrivendo una semplice lettera, anche l’uomo più potente del Cremlino? Se Oleinik attribuisce a quella inquietante figura la capacità di influenzare personaggi di quel calibro, egli appare credibile? I tre si prestarono per paura? Uno di loro, si pensa il più amato, è stato freddamente colpito e il motivo non è mai stato svelato; a nessuno è balenata l’idea che la Forma potesse richiamare in modo così drastico chi si prodigò per affossare la Teologia della Liberazione; una dirompente ideologia, nata da poco nel continente sudamericano, che suggeriva di dare anche ai più derelitti la loro parte di felicità. In verità non tutto viene per nuocere, durante il suo secondo viaggio in Germania nel 1984 lanciò questo monito agli uomini: “Il mondo sta vivendo il XII capitolo dell’Apocalisse“.
Questo porta a chiedersi: se chi viene visto come una figura positiva deve attendersi ammonimenti così terribili… per tanti altri non c’è definizione per descrivere la furia con la quale si può essere colpiti.
Riguardo le manovre occulte che Oleinik attribuisce all’Anticristo, è il caso di fare un breve accenno a ciò che accadde nel 1986 all’interno di una cella del carcere di Trieste. Da lì partì una lettera indirizzata a Gorbaciov e due sole persone assistettero alla sua stesura. Di una si aveva saltuariamente notizie, l’altra, come si è visto, è stata brutalmente assassinata con un colpo di pistola alla nuca due mesi dopo aver parlato col nostro Scriba nel bar Galleria.
La missiva era stata spedita per consigliare al presidente Gorbaciov, l’uomo che ricopriva la carica più importante dell’Unione Sovietica, di forzare la Grande Madre Russia a intraprendere la Santa Missione, non più sola ma assieme a ciò che più si avvicina alla sua concezione di Dio e solo a Lui sottoposta. Gli si suggeriva di operare in modo che venisse abbandonata, senza timore, quella nobile ma incompleta Ideologia per realizzare un Nuovo Ordine Mondiale.
Gorbaciov è universalmente considerato il principale artefice della storica svolta e, a Woytila, si riconosce il costante impegno nel provocare il cambiamento di rotta dell’Impero Sovietico e dei suoi Satelliti. Riflettendo su queste circostanze, si può dire che le coincidenze non siano sufficienti a convincere che essi seguirono i consigli giunti da un punto che diffonde eventi sincronici? [Appendice 5]
Oltre l’oceano, il presidente Reagan, in tre distinte interviste, rilasciate ad altrettanti quotidiani con ampia tiratura, ha invece mostrato di credere imminente un radicale cambiamento dichiarando: “Siamo prossimi all’Apocalisse”.
Il suo grande paese, l’America, senza che i più ne siano consapevoli, sta effettuando una capillare pubblicità a livello planetario del Nuovo Ordine Mondiale. Sui biglietti da un dollaro, diverse generazioni vedono raffigurata la fatidica “piramide con al vertice il simbolo della divinità” e ci sono queste poche ma illuminanti parole: Nuovo Ordine dei Tempi.
Su queste basi, solo una personalità paranoica potrebbe pensare che il Michele, indicato dalle tradizioni come l’inviato di Dio o d’una ignota volontà nella imminenza dell’Apocalisse, sia proprio colui che recentemente ha seguito il consiglio di ammansire l’Orso Russo e di rendere possibile la scelta tra le due Vie. Una di queste, prevede appunto l’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale, un Sistema capace di penetrare nella nuova dimensione e di utilizzare, per espandersi, l’energia che permette a quella Realtà di manifestarsi. Per la gioia dei paranoici però, è possibile trovare un’altra possibilità. Il Michele che sarebbe giunto prima del cambiamento, va forse trovato nel meno noto ma più incisivo sul piano spirituale, Mikhael Aivanhov, il quale predisse già da alcune decadi, che l’apparizione del Terzo Testamento avrebbe provocato un incredibile balzo evolutivo. Egli affermò che nel Terzo Testamento si sarebbe trovato esattamente ciò che solamente tra queste pagine è possibile trovare.
“Morica Legge [Nota 9] sostituir si vedrà, da un’altra più seducente: Ai Boristhenes [Nota 10] la prima legge verrà a mancare a causa di una Legge che per Virtù e dialettica più attraente sarà.” Nostradamus: 3/95
“Superate intolleranze religiose una nuova ideologia rivoluzionaria conquisterà per prima l’U.R.S.S.» -The complete Prophecies of Nostradamus- pag. 108
Forse la risposta agli interrogativi che Oleinik pone, riguardo i tre maggiori leader di fine millennio, va cercata nella possibilità che essi siano stati coscienti di contribuire a realizzare un Disegno Intelligente.
È molto probabile che aumentino i “paranoici” disposti ad augurarsi di trovare altri indizi a conferma di questa ipotesi. È altrettanto probabile che aumenti il numero di chi ritiene giusto plaudire, al ruolo che non è possibile scegliere, quello destinato a Erieder, se questa lunga serie di irripetibili coincidenze dovesse ulteriormente svilupparsi. Il ferreo convincimento di quei “paranoici” verrà temprato nella visione del Disegno al quale hanno dedicato la vita i mistici e i veggenti di tutte le epoche e religioni.
Questo Disegno è stato colorato consapevolmente con il sangue di molti martiri e molte tinte fosche sono state fornite dai loro aguzzini.
Chi ha saputo rendere particolarmente luminoso questo aspetto della realtà, è l’Uno provvisto di filo trascendente col quale ha unito le intenzioni di tanti Illuminati attraverso il tempo e lo spazio. Coloro che possono contemplare, anche per un solo istante, quella realtà, amano l’Uno che ha fatto vergare un racconto di cui, proprio essi, diverranno consapevoli protagonisti. Per avere un’idea dell’uniformità di vedute e dell’operato dei tanti Maestri di saggezza che si sono succeduti nel corso dei secoli, è sufficiente prendere in esame alcuni passaggi chiave dei loro scritti.
“Il numero delle truppe di cavalleria era duecento milioni, ne intesi il numero”. Apocalisse: 9/16
“Dall’Occidente più profondo d’Europa, un bimbo da povera gente nascerà: Che grande esercito con la dialettica sua conquisterà. E la sua fama, il Regno d’Oriente accrescerà”. (Nostradamus: 3/35
“Quando sarete puri e numerosi, Dio che vi conta, v’aprirà il varco all’azione… Lui solo ha il segreto della battaglia e saprà raccogliervi tutti in un campo e in una sola bandiera”. Giuseppe Mazzini
Le profetiche parole di Mazzini, si legano perfettamente con quelle di altri Illuminati. I suoi utopici ideali, affatto sibillini per chi si avvale dell’intuito, paiono prossimi alla loro realizzazione se si considera quanto scritto fino a questo punto e ciò che verrà presentato.
“Ebbene, è giunta l’Ora, io chiamo a raccolta i vostri animi; la cuspide finale necessita del vostro sostegno, il servo che doveva giungere chiede di poter adempiere al suo compito. Io vi domando di poter dettare consiglio sovrano alle Nazioni. E voi, duecento milioni di Cavalieri di ogni continente, di ogni Credo e di ogni Nazione, siete pronti? Vi sentite chiamati a dare il sorriso a tanti bimbi disperati, a far rivolgere lo sguardo al cielo a chi ha conservato l’umiltà e la speranza?… Se lo siete vi darò il mio “segno” e tutti vi riconosceranno”.
Gli elementi inseriti nel racconto, possono chiarire il Piano perseguito dagli Illuminati: creare le condizioni favorevoli per l’inizio di una Nuova Era, aprendo un varco che permetta l’ingresso in quella nuova dimensione. Questo progetto viene contrastato da più parti, una di queste viene spinta a farlo dal timore dell’ignoto, che induce molti a negare l’esistenza di una dimensione diversa. In ultima analisi è la paura che ostacola l’affermarsi di un grado più alto di civiltà; è insensato temere quella dimensione, quel punto senza confini dove si procede consapevoli di dirigersi verso mete difficili da concepire.
Il pericolo maggiore è però rappresentato dai potentati economici e dai loro referenti politici che di proposito bloccano gli schemi evolutivi. Per raggiungere questo diabolico fine si attuano vari metodi, uno di questi è la manipolazione genetica; questa, al di là dei danni più o meno temibili, causa l’arresto del progresso spirituale degli esseri viventi. Un tale obiettivo viene perseguito perché, dalle persone spiritualmente evolute, solo con gran difficoltà, si può trarre profitto.
Sarà di conforto sapere che nonostante i loro sforzi, stanno lentamente venendo alla luce i segni lasciati durante la millenaria costruzione del Varco; il solo che permetta di entrare in quella dimensione.
Inevitabilmente inizia ad apparire, agli occhi dei lettori consapevoli, quella apertura che può assumere infinite forme, anche quelle più imprevedibili… nel caso del nostro Scriba quella di un buio tunnel o Grande Galleria, per altri, una inquietudine che penetra fino al cuore di una cultura finalmente capace di far proprie le parole, pronunciate da Lord Arnold Toynbee, già nel lontano 1974: “SI È SOFFERTO PER AVER VENDUTO L’ANIMA ALLO SCOPO DI RINCORRERE UN OBIETTIVO MORALMENTE SBAGLIATO E PRATICAMENTE IRRAGGIUNGIBILE… IL CONTINUO AUMENTO DELLA RICCHEZZA MATERIALE”.
La volontà, che non ha eguali in termini di dedizione, di contribuire alla costruzione di quel Varco, traspare con evidenza dai segni, lasciati sotto forma di scritti, come quelli che ci sono pervenuti da parte del Walsit:
“Il nostro scopo non è quello di adorare la luna e nemmeno le stelle, ma di preparare la strada e rendere omaggio a chi dovrà venire per raddrizzare le strade tracciate dal Cristo. L’Anticristo verrà per dire che la strada percorsa porta a una palude e dovrà esser distrutta senza pietà in modo che altri non possano intraprenderla”.
Altre volte l’operato dei veggenti presenta aspetti che paiono contraddittori, ma su questo tema ci siamo già espressi in precedenza. C’è da aggiungere che il progetto Erieder, un tassello da inserire nel processo evolutivo, è iniziato nella notte dei tempi; è stato portato avanti dai saggi più Illuminati e dalle categorie più umili di esseri viventi, ognuno con il suo ruolo e tutti ugualmente degni di essere ricordati per avervi partecipato. C’è da dire che talvolta lo scopo reale delle loro iniziative è stato volutamente celato. Solo agli occhi di quegli uomini che è gratificante immaginare quali figli di Dio, di coloro che ottengono la Realizzazione consapevolezza, esso appare chiaro. Un limpido esempio di ciò sta nella costruzione dei maestosi luoghi di culto. Vengono impiegati tempi e valori considerevoli per trascorrervi solo poche ore durante la vita. Tale operazione sembra illogica, ma la spiegazione di questo operato la si può trovare nelle parole attribuite al Cristo: “Se anche questo Tempio fosse demolito io lo ricostruirei in tre giorni”. Questo non è un metodo per millantare in modo meschino una straordinaria abilità, ma sembra piuttosto voler sottolineare che tutti i luoghi di culto dovevano esser pronti per il giorno dell’Eterno; quel momento di transizione profondo, che già a quel tempo, si poteva intuire.
Per giorno, evidentemente viene inteso il periodo storico propizio a un sostanziale mutamento delle istituzioni. Una di queste, tra le più importanti in assoluto, è quella della Giustizia e la sede più opportuna non può che essere la costruzione considerata talmente preziosa da doversi ricostruire in tre giorni. In realtà lo scopo dei Templi, in ogni angolo del mondo, è quello di amministrarvi un giorno la Giustizia consigliando gli uomini, solo così sarà ispirata dalla Misericordia e verrà accettata. Questa componente essenziale, come sappiamo, non viene contemplata negli attuali ordinamenti giudiziari, dimostrando così tutti i limiti delle presenti strutture basate solo sulla razionalità. Ciò non deve stupire, poiché è conforme con quanto annunciato da Isaia ed è perfettamente in sintonia con alcuni scritti profetici e con i propositi che gli Autori manifestano. Per apprezzare pienamente questa ipotesi vanno dunque ricordate le parole di Isaia: “Egli non verrà meno e non verrà abbattuto finché abbia stabilito la Giustizia sulla terra Io ho messo il mio Spirito su di lui ed egli insegnerà la Giustizia secondo verità alle Nazioni Sacerdote e profeta tentennano rendendo Giustizia”.
Per le carismatiche personalità del Cristo e di Isaia, le costruzioni ideali all’insegnamento della Giustizia, sono proprio quei Templi dove i sacerdoti per secoli hanno osannato le organizzazioni politiche o militari che conquistarono di volta in volta il potere. Accettando questa interpretazione, si potrà pensare che certe consuetudini, come la costruzione di edifici sacri e la loro frequentazione, vengano radicate di proposito nelle masse da una cerchia illuminata, senza fornire le reali motivazioni, fino a quando la coscienza collettiva non sia in grado di accettarle.
È auspicabile che, al fine di estinguere i reati, si passi ad applicare una Giustizia capace di utilizzare l’intuizione. Si tratta in effetti di una soluzione obbligata, come il fatto che per vedere sia necessaria la giusta quantità di luce; vuoi infrarossa, ultravioletta ecc.
Lo scopo di queste pagine è quello di far scorgere l’azione di una volontà tesa a svelare un Mistero, ma non sarà certamente un uomo, a cui sembra pesare un fucile, a farlo. L’intuito di chi scrive suggerisce solamente una diversa interpretazione del mistero escatologico racchiuso in questi fogli: “Piano segreto di guerra di Dio, il quale porta l’Apocalisse, con cui si compie l’azione di rivelare.
Si lasci quindi al caso, quella energia che tutti possono gestire, il compito di far trovare la risposta agli interrogativi che questo libro porrà. Sarà lui che riuscirà a farla contemplare nella sua semplicità; lo Spirito, di cui l’intuizione è figlia, farà poi scoprire l’analogia tra le esperienze di crescita spirituale di un fragile individuo e i travagli attraversati dall’Umanità sul proprio percorso.
A tutti spetterà di gioire quando si otterrà la vittoria sul nemico più abile e astuto: il Dubbio. Memore delle sofferenze patite, Erieder sa che le sue stesse terribili prove andranno vissute anche a livello planetario; lo sa da sempre e lo comunica affinché la vostra determinazione non vacilli e perché è giusto e inevitabile che ciò accada.
Gertrude di Eisleben profetizzò che qualcuno avrebbe condiviso con voi i pericoli e gli ostacoli che avreste trovato “facendo pulsare il suo cuore più forte negli ultimi tempi!”
Questo e gli altri indizi disseminati fra questi fogli, basteranno agli eletti per riconoscere chi aspira da sempre a togliere ogni ostacolo posto sul cammino dei propri simili? L’Umanità dunque, come accadde a chi ha prestato la sua mano per vergare questa storia, ricercherà freneticamente un modus vivendi più gratificante. L’incapacità di riuscirci, in un’epoca di grandi mutamenti, provocherà una crisi interiore. Fuggendo da quella situazione, si giungerà dinanzi alla inderogabile necessità d’una scelta nel buio Antro che, per tutti gli esseri umani, rappresenta il materialismo che avvolge e, più spesso di quanto si creda, travolge. Seguendo il corso della vita, come fosse l’interno dell’Antro, si potrà potrete scegliere se continuare a inoltrarsi in una egoistica ma fatale felicità, o tornare sui propri passi per realizzare quel Giardino meraviglioso da destinare a ogni essere futuro. In questo caso, apparirà la Luce che guida, la stessa Luce che guidò il suo cammino quando, al sopraggiungere della notte per l’anima, tornò da quell’Antro.
Ci sarebbero ancora tante cose da dire, tanti, troppi dolori da condividere ma non si chiede di lenire i suoi, non è possibile, il tempo, il luogo e i colori non sono quelli adatti a permetterlo.
Ascoltando lo Spirito, solo in tal modo si potrà rivedere il sorriso sul suo volto, solo seguendone l’eterno consiglio: quello di asciugare le lacrime dei più miseri.
Uno stimolo a farlo, è il ricordo di quanto già detto: La sua sofferenza è per sua natura contagiosa; se non si farà nulla per debellarla, si verrà colpiti inesorabilmente. Popoli cadranno preda di pestilenze, angosce e dolori di cui non si ha memoria. Fortunatamente, come molti credono nel Padre, così anche lui confida nei Figli e crede che sapranno rendersi più utili degli strumenti di cui Erieder si è servito fino a oggi.
Infatti, uno strumento tecnologico gli ha posto un grosso problema, ha reso le pagine compilate al computer, quelle dove descrive il periodo più importante e drammatico del suo percorso, completamente bianche, immacolate ma inutili. Sarà il caso di non fare altrettanto e rendere la sua opera vana. Egli intuisce che quanto doveva a ogni costo scrivere deve limitarsi a queste pochi fogli, riconosce che anche se possedesse l’intelligenza più acuta, non potrebbe convincere uno solo di voi, pensa che solo lo Spirito, possa farlo e crede che solo l’intuito permetta di capire quando l’amore e la devozione vadano ascoltati.
Quando nel buio di quella condotta metallica guardò la morte negli occhi, e sentì quel travolgente impulso di scrivere qualcosa di indefinibile, in realtà non si arrese solo per merito dell’intima certezza che, prima o poi, a qualunque prezzo, avrebbe creato qualcosa di unico per voi.
Molti anni sono trascorsi dal momento che accettò di uscire dal buio antro portando sulle spalle il peso di una responsabilità che avrebbe potuto schiacciarlo a ogni passo. A quel tempo nessuno immaginava che avrebbe scritto un racconto tanto incredibile quanto vero. Questa, come si vede, è una storia vera, unica, irripetibile, e avrebbe tratto indubbiamente maggior vantaggio se fosse stata proposta da un Nobel della letteratura. Purtroppo le lezioni che gli sono state impartite, durante tutta una vita costellata di esperienze particolari, non prevedevano momenti di scrittura creativa. A voi chiede di perdonare la sua impreparazione letteraria, mentre al caso preferisce rivolgere la richiesta di realizzare quella profezia che vuole l’Anticristo più abile con la verga che con la parola.
Sta giungendo la notte, ci si avvicina alla fine del suo racconto, forse dovrà lasciarvi, ma se a voi sembrerà trattarsi in verità di una favola stupenda, vorrà dire che avete l’Animo di un bimbo e, come tutti i bimbi della nuova dimensione, la potrete sognare.
Avrete così diritto, come ogni creatura che riscopre la sua innocenza, o come spesso si sente dire: rinasce nello Spirito, a una vita che si esprime nei termini di un sogno meraviglioso. Il suo sforzo sta avviandosi alla fine, e ha fatto leggere ad alcuni scelti a caso, il capitolo che potrà esser visto come il più bello: -La Vergine Nera- il solo che possa illuminare l’infido tratto di strada su cui ora si posano i piedi della sua sposa. La loro critica lo ha rattristato, gli hanno rimproverato di non esser stato sufficientemente chiaro nel descrivere il sentimento che prevalse nel loro rapporto. Quando, lui si chiede, si inizierà a riconoscere l’amore nella sua espressione più pura? E in tutte le sue Forme?